Vivarelli (Fesica): “Si continua a morire sul lavoro anche in Abruzzo”

di Redazione | 18 Settembre 2022 @ 12:59 | ATTUALITA'
sisma 2009
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TERAMO – “Tutte le volte che accadono tragedie sul lavoro, ‘qualcuno’ promette che non accadranno mai più, ma la realtà dice che certe promesse non vengono mantenute”. 
 
Questo il pensiero di Marcello Vivarelli, sindacalista aquilano, segretario provinciale Fesica L’Aquila per il Terziario e segretario provinciale Fesica Teramo, dopo l’ennesima vittima sul lavoro, questa volta un giovane di 18 anni, Giuliano De Seta, in servizio alla Bc Service, azienda specializzata nella manutenzione, revisione e riparazione di dispositivi Life-saving appliances installati su imbarcazioni e grandi navi, di Noventa di Piave, comune della città metropolitana di Venezia: lo studente, al quinto anno di un istituto tecnico superiore, che era al lavoro azienda per uno stage che gli avrebbe permesso di accumulare crediti scolastici, ha perso la vita dopo essere stato schiacciato da una lastra.
 
Nei giorni scorsi, in Abruzzo, è morto Tonino Fanesi, operaio di 49 anni, nato a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) e residente a Giulianova (Teramo). Fanesi è rimasto schiacciato da un macchinario della Metallurgica Abruzzese, azienda che produce reti metalliche a Marina di Mosciano Sant’Angelo (Teramo)
 
“Continuare a parlare di queste tragedie utilizzando la solita retorica – commenta con rabbia Vivarelli – è semplicemente allucinante. Bisogna intervenire con la forza della legge, non con la stessa ‘musica’ che parte quando un lavoratore muore, o quando addirittura uno studente lavoratore va incontro ad un destino atroce. Ci si indigna per qualche ora, ma la sostanza, poi, non cambia. E quindi non cambia la realtà, che è fatta di un continuo morire sui luoghi di lavoro”.
 
“Le cosiddette morti bianche – prosegue l’esponente sindacale – sono ormai una triste ed assurda certezza in un Paese che sprofonda sempre di più dal punto di vista dell’attenzione ai lavoratori, persone che vengono considerate fortunate se guadagnano settecento, mille euro al mese, cioè salari da precariato diffuso, perché l’alternativa è la disoccupazione. Non se ne può più”.
 
“La verità – conclude Vivarelli – è che siamo in un periodo storico in cui la politica esulta se riesce miracolosamente a salvare dei posti di lavoro, vedi internalizzazione degli operatori del contact center Inps che lavorano anche all’Aquila, ma nulla può e nulla vuole fare di fronte alla voragine che divora la maggioranza degli altri posti di lavoro, come ad esempio la mancata internalizzazione dei lavoratori precari delle Asl abruzzesi tra cui figurano quelli della Rsa ‘De Benedictis’ di Teramo che vanno a lavorare sperando di prendere uno stipendio che spesso arriva con un clamoroso ritado. Insomma, sembra il ‘Titanic’, una specie di ‘si salvi chi può’ su larga scala, perché non c’è la volontà di intervenire strutturalmente e complessivamente sul tema dell’occupazione in tutte le sue forme. Compresa, ovviamente, quella della sicurezza. Nel frattempo, anche oggi dei familiari stanno piangendo perché a a casa non tornerà uno dei loro cari”.

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