di Emanuela Medoro – “Il sistema non è ancora sicuro”, è la frase che ho ascoltato spesso durante lo svolgimento di questa brutta storia. Incominciata con un fatto che potrebbe essere un preavviso, non capito o sottovalutato, fra domenica sera e lunedì mattina, quando spedii un articolo ad un gruppo di giornali online abruzzesi e non ebbi i soliti riscontri, quelli che ringraziano per averci contattato o che avvisano che il messaggio non è stato consegnato. Però l’articolo fu pubblicato, quindi qualcuno lo ricevette. Pensai “E’ google che ha cambiato metodo di lavoro”, tuttavia rimasi sovrappensiero, non sapevo trovare spiegazioni soddisfacenti a questa insolita mancanza di riscontri.
Giovedì mattina alle 7.30 sentii un tic-tic , tic- tic dal computer, e di nuovo non ci feci troppo caso. Alle nove ricevo una telefonata che mi avvisa che è arrivato un messaggio a nome mio con la richiesta di versare denaro ad una certa banca. Messaggio chiaramente falso perché concordato al genere maschile, e scritto in una lingua italiana tortuosa e prolissa.
Mi sono recata subito a Mondo Informatico, in Viale della Croce Rossa, un centro di vendita e laboratorio riparazioni dei computer di cui sono vecchia cliente. Stava per scadere la copertura dell’antivirus avast e l’ho rinnovata, quella a pagamento, che si salda con la carta di credito.
Poi dopo raccontai della telefonata ricevuta e chiesi loro di riaprire il mio account email. E lì abbiamo trovato che l’ultima connessione proveniva dalla Nigeria. Andando avanti nell’operazione di apertura è uscita fuori una scritta in arabo persiano che bloccava ogni operazione successiva. A forza di tentativi l’account finalmente si riapre e lo troviamo svuotato di tutto: corrispondenze in partenza ed in arrivo, cartelle con i messaggi che ritengo di dover conservare, ed indirizzari per gruppi. Tutto vuoto. Irrecuperabile. Mi hanno consigliato di seguire per qualche giorno il vecchio indirizzo e vedere cosa succede, e poi di creare un nuovo account email. Un bel lavoro mi aspetta. Finora è certo che qualche messaggio inviato non è giunto.
Durante la mattinata, mentre il volenteroso e bravo Ernesto tentava di entrare nell’account, io mi sono recata dalla polizia postale, che ha sede nei locali della posta centrale. L’impiegato di turno ha preso la mia denuncia e mi ha fatto firmare parecchi fogli, dicendo che tutti questi attacchi provengono dall’estero e che l’Interpol non se ne preoccupa perché occupata in fatti più seri. Infine mi ha consigliato di cambiare spesso la password di accesso alla email.
Ebbene sì, questa non è una cosa seria, ma ieri ho appreso che esistono programmi che consentono di carpire le password delle caselle postali. Chi li usa cercando di racimolare qualche soldo con lettere chiaramente false è un poveraccio che tenta di rubare una mela, e forse ci riesce, qualcuno che crede nel piagnisteo pietoso c’è sempre. Ma quello che produce i programmi che consentono di accedere alle corrispondenze altrui ha, secondo me, una mente criminale. Forse fare questi programmi è un gioco da bambini per chi capisce di informatica un po’ più di me, ma usare la competenza per rubacchiare o fare danni a gente indifesa, mi sembra comunque un crimine.
Imparo dunque ad essere più prudente, a cambiare la password spesso, e, soprattutto, non dare l’amicizia su facebook a gente ignota. Solo ad amici reali e ai loro amici, sperimentati e noti.
Ho raccontato questo episodio nella successione temporale in cui si sono svolti i fatti, certamente mostrando un’ abissale ignoranza in informatica. Spesso ho avuto l’impressione di usare il computer senza capire niente, che brutto guaio l’ignoranza! Nonostante questo il computer mi tiene tanta buona compagnia, mi collega con il resto del mondo. Sta ai giovani operatori del settore rendere il sistema più sicuro.