Testimonianze dalla Russia, dalla vita “normale” alla guerra
di Enrico M. Rosati | 26 Febbraio 2022 @ 06:16 | RACCONTANDO
L’AQUILA – Un conflitto lascia sempre tutti noi con il fegato in mano, il fiato spezzato e un peso enorme sul cuore.
Molti di noi si sono svegliati mercoledì mattina provando sorpresa e incredulità, risentimento verso Putin e in generale verso la Russia, ma come è stato il risveglio per ragazzi e ragazze dalla vita “normale” e piena di speranze come noi che, a un certo punto, si trovano “dall’altro lato” della guerra? Katyusha è una ragazza di 23 anni, proveniente dal centro della Russia che lavora in un ufficio. Per lei la notizia della guerra, un pugno nello stomaco:
“Come sai, qui da noi c’è la leva obbligatoria… Ecco, hanno iniziato a richiamare le persone che hanno già servito un anno, tra i 18 ed i 35 anni, all’interno delle caserme per confermare che siano adatti a sostenere una possibile guerra. Fortunatamente non mi hanno chiamata, per le ragazze è diverso, in quanto ti chiamano solo se hai un background medico… io sarei inutile al fronte per mia fortuna. Ma ho molti conoscenti che saranno obbligati, in caso di guerra, a imbracciare le armi e dire addio alle loro famiglie senza sapere se torneranno, come puoi immaginare, è obbligatorio qui partire se vieni chiamato.”
La guerra non lascia spazio al patriottismo, ma trae solo una scia di morte, di distruzione e sofferenza. La rabbia è moltissima tra chi non condivide per nulla ciò che sta succedendo in Ucraina, così ci dice Kryztoff, un ragazzo che abita proprio al confine con l’Ucraina, e ha dei parenti lì. Avendo fatto la leva potrebbe essere obbligato a invadere la nazione di provenienza dei suoi cari. Vorrebbe parlare e sfogarsi, ma la realtà dei fatti è che ha paura di farlo perché non sa di chi fidarsi, e con voce spezzata ci racconta:
“Odio questa guerra, la odio, e sai la cosa triste? Tutti odiano noi. Ho degli amici online con i quali passavo del tempo che hanno iniziato a insultarmi unicamente perché sono russo, e invece io credo che quello che sta succedendo sia uno scempio. Ho dei parenti e amici in Ucraina, siamo in molti ad avere dei legami lì e soffriamo costantemente per questa situazione senza poterci sfogare, senza poter parlare con nessuno. Di chi fidarsi? Questo è il problema per noi. La Russia è una dittatura, ci piaccia o meno è così, e non possiamo fare niente. Sai come viene ritratta questa operazione militare dalle televisioni russe? Dicono che stiamo aiutando il popolo ucraino a liberarsi dall’occidentalizzazione e dal fascismo, che siamo dei salvatori e, di conseguenza, arruolarsi vuol dire contribuire a dare all’Ucraina una vita migliore.”
La testimonianza di Kryztoff richiama in qualche modo le parole di Bush che, per giustificare l’estensione americana in Medio Oriente, disse che l’America “is doing God’s work” (sta facendo il lavoro di Dio). La retorica che viene applicata dalla Russia nel trattare le azioni in Ucraina non è troppo differente da quella di altre potenze che a loro modo hanno colonizzato il resto del mondo. Ovviamente, non tutti i russi sono contrari all’azione, altri sono davvero convinti che questa sia un’azione di liberazione. Ma non Aleksej, un giovanissimo scacchista di Mosca che da poco aveva avviato un’attività e contava sulla fine della pandemia per ritornare a respirare, ed ora si trova in mezzo ad una guerra:
“Vedi… in Russia noi non sappiamo davvero quello che sta succedendo, e l’unico modo che abbiamo per scoprirlo è scrivere ai nostri amici e parenti in Ucraina… ma questo non è consigliabile, soprattutto se ami coloro a cui scrivi, perché provi sofferenza nel sapere che adesso stanno vivendo un incubo. Tutti sperano che l’invasione finisca presto, mentre fuggono al riparo dai raid aerei in parcheggi sotterranei… è una tragedia.”
La guerra separa, spaventa e distrugge tutto ciò che incontra, le vittime? Una generazione di Ucraini che crescerà traumatizzata dalle bombe che hanno distrutto la loro casa, e di russi con buonsenso che sono chiusi in casa, senza parlare con nessuno, e si disperano senza farsi sentire, perché il rischio di essere bollati come traditori è sempre dietro l’angolo. Nessun giovane, soprattutto se civile, dovrebbe mai rispondere alla domanda “lotterai per la tua patria?”.