Test sierologico per tornare in cantiere, L’Aquila guarda al Veneto
di Marco Signori | 21 Aprile 2020 @ 13:26 | ATTUALITA'
L’AQUILA – Mentre il paese discute modi e tempi dell’agognata fase 2 dell’emergenza coronavirus, che a partire dal 4 maggio dovrebbe portare alla graduale ripresa delle attività, in Veneto ci sono imprese che hanno iniziato a sottoporre i propri dipendenti a test sul Covid-19 attraverso i cosiddetti pungidito (prelievo del sangue), considerati dallo stesso professor Massimo Galli dell’Istituto Sacco di Milano più affidabili dei tamponi (mucosa).
Un’esperienza considerata virtuosa a cui guardano con interesse anche le imprese abruzzesi, e in particolare quelle impegnate nell’aquilano con la ricostruzione post-terremoto che ancora oggi vede impegnati circa 3mila operai.
Il settore delle costruzioni, insieme al manifatturiero, è considerato tra quelli a basso rischio e potrebbe dunque essere tra i primi a ripartire, pur nel rispetto di precise misure di sicurezza ancora allo studio di governo, enti locali e associazioni datoriali e sindacali.
Le imprese si stanno organizzando ma prima del tempo il nemico da sconfiggere si chiama attendibilità: se è vero, come ha spiegato a L’Aquila Blog Loreta Tobia, medico del lavoro del dipartimento Mesva dell’Università dell’Aquila, che solo dal doppio esame si possono avere maggiori certezze, è anche vero che tra il seriologico e il tampone, è il primo a sciogliere ogni dubbio sul fatto che il virus si sia o meno contratto in un passato recente.
“A livello aziendale mi convince l’idea di fare lo screening con pungidito. Molte aziende si stanno organizzando già. Qui stiamo parlando di riaprire il 4 maggio, una data a gravissimo rischio che lo diventa dieci volte di più se non mettiamo in campo misure su base aziendale”, ha detto Sacco a Il Fatto Quotidiano.
“Il nostro è proprio il pungidito, lo abbiamo fatto solo per chi deve recarsi all’estero, oggi sono test abbastanza diffusi, autorizzati dal Ministero e marchiati Ce”, afferma a L’Aquila Blog Franco Daniele, fondatore e amministratore delegato della Tecnostrutture, la prima azienda nel Veneto a testare i propri collaboratori al Covid-19. Tutti i tecnici di cantiere sono risultati negativi al test sierologico e possono proseguire l’attività lavorativa in sicurezza nei cantieri all’estero.
Fondamentale è stato il supporto di Assindustria Venetocentro, cui aderiscono 3.500 imprese per complessivi 165mila dipendenti, che ha realizzato il collegamento con Centro di Medicina, incaricato di eseguire il test. È stato poi coinvolto il medico del lavoro di Tecnostrutture, che ha rilasciato la certificazione da comunicare ai committenti esteri.
“I test costano dai 30 ai 50 euro e l’azienda se ne fa carico senza alcuna possibilità di sgravio, ma per le aziende non è questo il problema quanto il fatto di tornare a lavorare e farlo in sicurezza”, dice a questo giornale Marina Geromel, responsabile Affari generali dell’associazione di categoria.
“Recepiamo quotidianamente le richieste degli associati, nel caso d i Tecnostrutture si tratta di un’azienda che per portare avanti una importante commessa all’estero aveva necessità di certificare lo stato salute dei propri dipendenti attraverso il test sierologico, le strutture pubbliche non hanno al momento la possibilità di soddisfare queste richieste – spiega – l’abbiamo messa in contatto con strutture sanitarie abilitate a fare questo tipo di servizio”.
“Se questi test sono attendibili? Sono certificati dal Ministero e dall’Istituto superiore di sanità”, precisa la Geromel, “quindi hanno tutti i crismi del caso anche se non abbiamo ancora indicazioni istituzionali, ci teniamo a precisare che non siamo né una struttura medica né scientifica, abbiamo solo messo in relazione imprese della sanità privata e della manifattura in modo da fargli proseguire in sicurezza il proprio lavoro”.
“Oggi come oggi ci sono molte strutture private in grado di fare questi test, molte aziende vorrebbero poterli fare per mettere in sicurezza il lavoro e i lavoratori, ma non ci sono ancora indicazioni da parte del governo”, chiarisce ancora la responsabile dell’Assindustria.
“È importante che le autorità sanitarie e le istituzioni diano indicazioni in questo senso, le aziende vogliono lavorare ma vogliono farlo in sicurezza e sono disposte a fare tutto quello di cui c’è bisogno”, chiosa la Geromel.