Invece di prevenire continuiamo a cementificare: così il territorio è più fragile e aumentano gli effetti dei terremoti SALVATORE SETTIS archeologo ESISTE un meraviglioso piano per la protezione del patrimonio monumentale dal rischio sismico. Però ha un difetto, non è mai stato attuato».
Parola di Salvatore Settis, ex rettore della Normale di Pisa. Che racconta e spiega: «È stato realizzato all’inizio degli anni Otttanta dall’allora direttore dell’Istituto centrale per il restauro, Giovanni Urbani, ma sfortunatamente non è mai diventato operativo». Settis, archeologo, ex presidente del Consiglio superiore dei Beni Culturali, dimissionario nel 2009, in polemica con il ministro Bondi, è da sempre in prima linea nella denuncia del degrado dell’ambiente italiano e non vuole sentire parlare di fatalità. «Nella storia italiana di terremoti ce ne sono stati tanti, ma nessuna di queste tragedie – spiega – ha indotto gli italiani, fino a questo momento a ricordarsi che il nostro è un Paese sismico. Invece di prevenire continuiamo a cementificare, rendendo il territorio sempre più fragile ed aumentando così gli effetti devastanti dei terremoti». Non soltanto ma, secondo Settis, la situazione negli ultimi anni è ancora peggiorata. «Certamente – aggiunge – perché nei casi del Friuli, dell’Umbria e delle Marche i centri storici sono stati ricostruiti, nel caso dell’Aquila si è preferito lasciare il centro storico come un campo di rovine; ci sono stato un mese fa e, a tre annidi distanza dal sisma, nulla o quasi nulla è stato costruito, mentre tutta la popolazione è stata, sostanzialmente deportata nelle cosiddette new town. Vediamo adesso quale strada si sceglierà in Emilia». Se si andrà nella direzione delle nuove costruzioni al posto delle antiche, il rischio è che la devastazione territoriale aumenti anziché diminuire. «Se via via tutte le città colpite da un terremoto verranno svuotate e lasciate come cimiteri di macerie, fra un po’ l’Italia sarà tutta una rovina, se si pensa che dal 1861 a oggi i terremoti gravi sono stati più di cento e hanno colpito oltre 1.500 comuni. Se si farà come all’Aquila, l’Italia si riempirà di squallidissime new town, con i costruttori che sghignazzano di notte perché sanno che possono far quattrini»