«Vasco Errani ha ottenuto i sei miliardi per l’Emilia Romagna perché si è chiuso per tre giorni dentro palazzo Chigi e l’ex premier Monti, pur di non vederlo girare per i corridoi, gli ha concesso i fondi. Da noi le cose sono andate molto diversamente». All’indomani dell’audizione congiunta delle commissioni Ambiente e Lavori pubblici del Senato, nell’ambito dell’esame del decreto 43/2013 sulle ‘Emergenze’, il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente spiega le difficoltà nell’ottenere risorse a sostegno della rinascita del capoluogo.
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«Ricostruiamo i tempi», spiega, «a giugno dello scorso anno il Comune dell’Aquila scrive al governo, rappresentato dal commissario Chiodi dicendo che i soldi sono finiti. Però non succede niente: Chiodi non dà segni di vita. A questo punto continuo a insistere con il ministro Barca chiedendo un miliardo per il 2013 a sostegno della legge di stabilità».
«Il ministro scrive il testo della legge, insieme all’onorevole Giovanni Lolli», prosegue Cialente, «e scrive a Grilli e Monti dicendo che è necessario prevedere questo miliardo per non creare un buco nel prossimo governo. Da Roma però viene affermato il contrario, ci dicono: voi avete troppi soldi in Abruzzo perché Gianni Chiodi, il primo di settembre ha rimandato indietro 447 milioni. L’inefficienza di Chiodi, incapace a spendere le risorse a disposizione, ha dato un’idea distorta. Tutti i nostri interlocutori della capitale ci hanno fatto capire che se Chiodi ha rimandato mezzo miliardo indietro, e se le aree del cratere hanno in tasca i 2,2 miliardi del Cipe, non c’erano ragioni per tornare a “scocciare” sulla carenza di risorse».
Si arriva così al famoso 21 marzo. «Abbiamo presentato i dati al ministro. In quell’occasione ho messo in evidenza che, anche con l’arrivo della delibera Cipe, rispetto al cronoprogramma, saremmo andati sotto di un miliardo già nel 2013 e comunque non c’era nulla per la successiva ricostruzione». Il resto è storia del tempo presente. Per il primo cittadino la priorità è ottenere questi 1,4 miliardi richiesti er far ripartire subito il cronoprogramma dall’asse centrale. «Utilizzeremo i 500 milioni della delibera Cipe (ottenuti grazie alla mobilitazione con le carriole a Roma) per aggredire le aree a breve termine. Bisogna comunque partire con le frazioni più danneggiate, Onna e Tempera. Dopo di che bisognerà dove trovare i 9 miliardi in cinque anni (1,5 miliardi l’anno) chiedendo di riattivare la Cassa depositi e prestiti».