Teleriabilitazione e sedute a distanza, la logopedia al tempo del coronavirus
di Mariangela Speranza | 06 Maggio 2020 @ 07:00 | ATTUALITA'
L’AQUILA – In queste settimane di lockdown sta emergendo un problema di vitale importanza per molte famiglie, non solo aquilane, che oltre a dover affrontare le quotidiane difficoltà imposte dalla quarantena forzata, si trovano a fare i conti con la sospensione di alcune attività medico-specialistiche che riguardano i loro cari. In particolare, quelle di riabilitazione logopedica e neuropsicomotoria che hanno spesso bisogno di un lungo percorso terapeutico e che non possono proficuamente essere svolte a distanza, perché hanno bisogno della presenza interattiva di operatori sanitari specializzati.
Tra questi anche i logopedisti, considerati a tutti gli effetti tra i lavoratori di prossimità e la cui professione, come avviene anche per molte altre occupazioni, si basa principalmente sul contatto diretto con le persone. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di professionisti fermi dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Tutti, o quasi, partite Iva che, tra gli stop imposti dalle istituzioni e i famosi 600 euro una tantum che faticano a tradursi in liquidità, attendono l’allentamento delle misure ministeriali e la progressiva normalizzazione, affinché si possa tornare a lavoro il prima possibile.
La situazione non si è stabilizzata nemmeno con l’avvio della fase 2 e anzi, come spiega anche la logopedista Paola Petrucci, “quasi ovunque continuano a essere bloccate quasi ovunque sia le prestazioni urgenti, sia quelle non indifferibili”.
“Ad oggi la maggior parte dei colleghi ancora non può riprendere con le sedute domiciliari – dice a L’Aquila Blog -. Alcuni sono riusciti ad attivare la teleriabilitazione ma solo con pazienti adulti con regime di urgenza, come per esempio, come le persone affette da autismo e disfagia o reduci da ictus cerebrale”.
In Abruzzo, non esiste infatti una specifica ordinanza che disciplini la professione nel periodo emergenziale, ma alcune linee guida prevedono un intervento per tutti quei trattamenti riabilitativi indifferibili e che non possono quindi essere rinviati alla fine del lockdown.
“Per i bambini, però, il discorso è diverso – aggiunge la logopedista -, perché spesso si fa fatica a tenerli davanti a un computer. Senza contare le famiglie che non dispongono degli strumenti elettronici adatti o di connessione internet. Per quanto riguarda questi casi, siamo ormai fermi da quasi due mesi e l’unico contatto che siamo riusciti a mantenere è quello telefonico”.
Tra i problemi imposti dal Coronavirus, è emerso infatti anche quello del digital divide. Non parliamo solo del classico gap legato alla mancanza di un tablet o di uno smartphone, ma anche di quello di matrice principalmente culturale, verso la tecnologia e verso nuovi modi di fare le cose. Un problema che renderebbe quindi poco profiquo, se non addirttura inefficace, l’intervento a distanza degli operatori.
“A volte – dice -, con la semplice teleriabilitazione risulta difficoltoso monitorare certe situazioni che invece necessiterebbero del nostro intervento diretto. Anche io ho provato ma, soprattutto per quanto riguarda i bambini, ho preferito dispensare consigli per telefono, piuttosto che continuare a utilizzare il computer”.