Tamponi e test sierologici, Abruzzo controcorrente

di Marco Signori | 22 Aprile 2020 @ 15:44 | ATTUALITA'
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L’AQUILA – La direzione in cui sembra andare il paese per entrare in sicurezza nella fase 2 dell’emergenza coronavirus sembra essere quella dei test seriologici (prelievo e analisi del sangue): lo stanno facendo regioni come il Veneto e si appresta a farlo su scala nazionale il governo, che con il commissario Domenico Arcuri ha indetto la gara per l’acquisto di kit, reagenti e consumabili destinati proprio all’effettuazione di 150mila test che serviranno per l’indagine campione sulla diffusione dell’infezione da Sars-Cov-2 nella popolazione italiana.

Ma in Abruzzo sembra andarsi nella direzione opposta, preferendo cioè il tampone (mucosa). E lo si fa abdicando al privato, come all’Aquila dove ad annunciare l’avvio dei test è stato Dante Labs, centro di genomica che si è detto pronto a processare fino a 40mila campioni al giorno con la benedizione della politica, mentre l’ospedale è indietro nel potenziamento dei propri laboratori.

“Secondo me rimane prioritario potenziare il pubblico, se tra pubblico e privato c’è un’integrazione va bene, ma se c’è una sostituzione non ritengo sia opportuno”, fa osservare a L’Aquila Blog Alessandro Grimaldi, direttore dell’Unità operativa complessa Malattie infettive dell’ospedale San Salvatore, “anche perché non bisogna pensare solo all’oggi ma anche al domani”.

Il domani sembra tuttavia dietro l’angolo, considerando che dagli annunci del presidente del Consiglio Conte il 4 maggio potranno tornare in attività settori come quelli del manifatturiero e soprattutto dell’edilizia, che all’Aquila nei cantieri della ricostruzione impiega circa 3mila operai.

Eppure l’attività sierologica, necessaria alla ripresa dei lavori, “al momento non c’è” spiega Grimaldi, “bisogna avere attrezzature e test validati, in questo momento l’unica possibilità che abbiamo sono i tamponi dell’Istituto zooprofilattico di Teramo, speriamo che tra poco ci siano anche quelli del laboratorio dell’ospedale dell’Aquila e insieme ai tamponi gli esami sierologici”.

“So che la direzione generale della Asl sta lavorando per dare la possibilità anche alle imprese di poter usufruire del potenziamento del laboratorio in cui poter svolgere entrambi gli esami”, svela il primario.

“L’attività sierologica va integrata coi tamponi – chiarisce poi Grimaldi – perché il sierologico non risolve il problema del tampone, deve essere complementare. Funziona così: faccio l’esame sierologico, tra quindici giorni lo ripeto e se divento positivo a quel punto faccio il tampone, la conferma della mia infettività viene sempre dal tampone, non dall’esame sierologico che mi dice solo se ho meno in circolo gli anticorpi”.

“Senza esami diagnostici le imprese che volessero ripartire il 4 maggio, in questo momento dovrebbero adottare il massimo della protezione dei lavoratori”, sostiene Grimaldi.

Sulla stessa lunghezza d’onda Sergio Tiberti, docente di Epidemiologia, Igiene e Medicina del lavoro dell’università dell’Aquila: “I test sierologici sono adeguati per gli screening, come peraltro ha capito già da tempo la Regione Veneto che li utilizza e il governo che proprio oggi chiude la gara per i test – spiega il prof – non avendo i soldi il governo acquista 150mila e si inventa che è uno screening di massa, ma ne servirebbero 40 milioni”.

“Il tampone non ha una specificità di diagnosi al 100 per cento”, aggiunge Tiberti, “io ho in cura persone che sono affette da Covid pur avendo avuto i primi due tamponi negativi. I tamponi vengono consigliati e devono essere fatti a chi presenta sintomi riconducibili all’influenza come tosse, starnuti, difficoltà respiratorie e temperature oltre 37,5 gradi o che abbia avuto nelle due settimane precedenti contatti con positivi superiori a 14 minuti”.

“Il tampone non si presta per sua natura a fare screening. Lo screening deve essere fatto coi test sierologici, nella circolare dell’Organizzazione mondiale della sanità – rileva il professore – si dice che i test sierologici sono molto importanti nella ricerca epidemiologica della circolazione virale e quindi il test con il tampone va riservato prioritariamente, io direi esclusivamente, ai casi clinici sintomatici o paucisintomatici e ai contatti a rischio, familiari o residenziali sintomatici, focalizzando l’identificazione dei contatti a rischio nelle 48 ore precedenti all’inizio della sintomatologia”.

Tiberti fa infine osservare come “i laboratori o le strutture private che fanno tamponi devono avere un direttore medico specialista, l’autorizzazione della Regione per analisi cliniche, avere un laboratorio di virologia, e visto che si occupano di pazienti sintomatici devono organizzare gli accessi in sicurezza e a ciascun accesso devono provvedere alla disinfezione dei locali”.


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