di Gennaro Varone – Questa vicenda non può essere giudicata sulla base della contrapposizione tra uomo e donna. Esistono uomini violenti e uomini miti; donne da cui guardarsi e donne alla cui compagnia aspirare.
I reati violenti sono orribili, perché -senza voler considerare il dolore fisico o le menomazioni che possono provocare- lasciano segni psicologici indelebili.
Questa considerazione, tuttavia, riguarda ‘tutti’ i reati violenti; volere eleggere, tra tali reati, alcuni che meritano l’abdicazione ad ogni facoltà di giudizio (nel senso di ritenere che, una volta acquisiti sufficienti elementi di prova sulla responsabilità, al colpevole debba essere applicata la massima pena ed il massimo trattamento carcerario, in ogni caso) significa affermare che ci sono vittime di serie A e vittime di serie B. E che la giustizia è sostituita da una emotività frenetica ed intollerante.
Io non ricordo che neppure uno dei poliziotti di Bolzaneto sia stato sottoposto a misure coercitive. Eppure, le immagini che ancora oggi circolano sul WEB, del sangue versato, degli atti di inusitata violenza commessi contro persone inermi, mi fanno agghiacciare. Questo non desta scandalo? Desta meno scandalo? Vogliamo predisporre una graduatoria ’in partenza’ di vittime e colpevoli?
Torno all’inizio. I fatti di L’Aquila appaiono gravissimi. Tuttavia, è sbagliato indignarsi perché si tratta di un atto di prevaricazione maschile. E’ sbagliato perché non coglie un fatto semplice, banale e terribile: che la prevaricazione non è né maschile, né femminile. E non lo è il male.
Tra gli autori (poliziotti) del pestaggio che, stando alla sentenza di primo e secondo grado, è costato la ‘vita’ al giovanissimo Aldrovandi, ridotto in condizioni da destare orrore, c’era una donna. A conferma che la violenza non ha sesso.
Allora: il trattamento sanzionatorio cautelare non può essere oggetto di indignazioni persecutorie. La decisione sugli arresti domiciliari o sul carcere è una decisione giuridica, che deve tenere conto di molteplici elementi: primo fra i quali che nessuno è colpevole sino a che la sua responsabilità non sia stata accertata da un processo rigoroso. L’accertamento di responsabilità richiede, poi, una professionalità che il cittadino comune ’non’ possiede (come io non so costruire un ponte o non so tagliare i capelli); quindi, i giudizi affrettati da ‘uomo delal strada’ lasciano il tempo che trovano.
E la misura cautelare non è ’punitiva’ ma -appunto- cautelativa: tende soltanto a prevenire nuovi danni; e deve farlo nel modo meno invasivo per l’imputato non ancora riconosciuto colpevole.
Quello che davvero è inaccettabile in Italia sono i tempi che la procedura impone ai processi; è inaccettabile che i giudici non abbiano adeguata formazione alla valutazione della prova; che non abbiamo tempo sufficiente per dedicarsi ai numerosi incombenti giornalieri; che non vi sia adeguata assistenza nelle cancellerie; è che le norme sembrano fatte per essere dalla parte del più forte: di qualunque sesso egli sia.