di Andrea Fontana – In questi giorni sta facendo scalpore la notizia – fatta trapelare da Francesca Pascale – che i fagiolini in casa Berlusconi venivano pagati 80 euro al kilo. Così come altri alimenti, portati a casa del Cavaliere da fornitori vari.
E’ banale news da bar, per cui ridere e da archiviare come gossip becero, oppure la scena l’abbiamo già vista da qualche altra parte? Dato che Berlusconi non è certo uno sciocco, e fa del gossip una “fonte epistemica”, ci possiamo leggere dietro una strategia di collegamento emotivo con l’immaginario italiano e con la “pancia” di noi tutti?
Mi spiego. Vi ricordare il Marchese del Grillo, la scena di “gasperino er carbonaro vede i conti?
In quella scena ad un certo punto Il Marchese chiede al suo servitore: “Quanto o pagamo er carbone?” E in un esilerante scambio di battute viene a sapere che compra tutto al triplo del prezzo di mercato e vende la legna (un prodotto dei suoi boschi) la metà. In sostanza scopre che la sua servitù, i suoi fornitori e in generale la sua corte – da tre generazioni! – lo “frega” tutti i giorni attraverso piccoli e grandi sotterfugi.
Siamo nel più classico dei melodrammi. Il “finto eroe” che viene tradito dai cortigiani e abusato da loro. La doppia finzione della bontà. Il “nobile finto buono” che viene saccheggiato dai “finti onesti” approfittatori. Con l’eroina, “Donna Pascale” che si erge a difensore del suo eroe e della sua casa.
E’ sbalorditivo vedere come un cliché del nostro melodramma classico, ripreso più volte nel nostro teatro o nei nostro cinema pop, corrisponde al nuovo (?) racconto che emerge del Cavaliere. Pare essere studiato ad arte per intercettare ancora una volta la pancia del suo popolo (e non solo di quello).
Non solo ma è emblematico il fatto che – nella attuale cultura politica italiana, ma anche pubblicitaria e sociale, quello che funziona di più, o per lo meno che è più frequentato, da un ventennio a questa parte, è la canzonetta, l’operetta semitragica, il farsetto esagerato, il melodramma appunto.
Basti pensare a come la campagna di comunicazione #Guerrieri di Enel (al di là degli errori o meno che possono essere stati commessi, per la non gestione del racconto) generi un “rifiuto” per i suoi toni epici, non avendo calcolato la nota di fondo della nostra “pancia”. Non ci riconosciamo quasi mai nel registro epico. Tanto che nessuno dice nulla sul fatto che da venti anni, le pubblicità sono tutte fatte da comici o artisti che portano la farsa melodrammatica alla ribalta della vita pubblica e persino nel nostro marketing sempre più orientato a una comunicazione infantilizzata (con orsi e foche parlanti, etc.)
La crisi del nostro immaginario e della nostra azione sociale e politica, la depressione della nostra economia e del nostro animo, passa anche dai racconti di cui ci nutriamo. Riusciremo ad andare oltre il melodramma e a far nostri altri orizzonti? Ce la faremo mai a superare il tanto amato cortigiano che tradisce il potente e il potente che se ne approfitta del cortigiano?
E soprattutto diventeremo immuni dall’ “ideologia del bar” dove tutto diventa spacconata? Persino l’aumento dell’IVA non ha e non ha avuto una sua epica dignità. E quindi non ha potuto generare un epico rifiuto.
Siamo fatti così. Ci piacciono i fagiolini e anche loro concorrono a costruire una “civic narrative”. Parafrasando un altro film di casa nostra: “anche gli angeli mangiano fagiolini”