Sisma 2009, ancora in corso alcune cause civili
di Marianna Gianforte | 04 Aprile 2022 @ 06:11 | ANNIVERSARIO
L’AQUILA – “Non siamo morti a Gerusalemme, non siamo venuti a morire all’Aquila”. La frase che Hussein Hamade ‘Michelone’ disse al suo amico e compagno di studio e di alloggio alla casa dello studente di via XX Settembre, Hisham Shahin, risuona nella testa dell’avvocata Wania Della Vigna come se ad ascoltarle fosse stata lei in prima persona. Invece Michelone, ragazzo israeliano che all’Aquila studiava nella facoltà di Medicina, la pronunciò all’amico parlando al telefono, nella notte tra il 5 e il 6 aprile 2009, pochi minuti prima di morire sotto le macerie dello studentato. Hisham si salvò. Ma quello stesso giorno sotto le macerie della casa dello studente restarono vittime anche Davide, Marco, Luciana, Angela, Luca, Alessio (tutti studenti) e Francesco, il vigilante notturno.
Con questa frase nella testa l’avvocata di parte civile Della Vigna ha intrapreso il suo percorso alla ricerca della giustizia per ragazzi che non ci sono più e che riponevano fiducia nelle istituzioni, nello Stato. Della Vigna sta assistendo ancora oggi i famigliari di alcune delle vittime non soltanto del terremoto dell’Aquila del 2009, ma anche di quello di Amatrice del 2016 (“con il quale – dice – ci sono tremende analogie) e della valanga che travolse l’hotel resort Rigopiano a Farindola nel 2017. “Tragedie puramente umane e non dovute alla natura”, è la convinzione da sempre dell’avvocata.
A 13 anni dal terremoto dell’Aquila, il percorso dei processi civili non si è del tutto concluso, mentre la memoria collettiva di fronte a una tragedia che portò via 309 persone rischia di annacquare. Di quelle vittime 54 furono studenti universitari fuori sede: un tributo altissimo di cui la città probabilmente porterà una macchia per sempre. L’Aquila era, infatti, una città universitaria viva e ricercata e centinaia di abitazioni in centro storico venivano affittate. Per le vittime dei due terremoti dell’Aquila e di Amatrice è stato chiesto un indennizzo come segno di attenzione e vicinanza da parte dello Stato, che Della Vigna in varie circostante ha definito “latitante”.
Ricorda Della Vigna:
“Dopo il terremoto del 6 aprile 2009 la procura si attivò per cercare di ricostruire le responsabilità con il sostituto procuratore Fabio Picuti. Ci sono stati tre gradi di giudizio, conclusi con la condanna definitiva in Cassazione per i quattro tecnici che avevano consentito di eseguire i lavori di trasformazione del palazzo da privato a studentato, tralasciando le verifiche sismiche e che sono stati condannati per i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, disastro colposo e crollo di edificio. La Cassazione affermò infine che il terremoto non è stato un evento eccezionale e che le vittime della casa dello studente sono vittime della responsabilità umana, della superficialità, della negligenza e di una condotta imperita e imprudente di alcuni professionisti. Così, una volta terminato il filone penale, ho ripreso tutto il lavoro della Procura e ho avviato una causa civile contro la Regione Abruzzo, proprietaria dello stabile, e contro l’Adsu, che la gestiva, con l’obiettivo di ottenere il risarcimenti dei danni a carico di entrambi gli enti. Davanti al tribunale civile aquilano i due enti hanno chiamato in causa l’Università, il ministero dell’Istruzione, l’Angelini che aveva fatto costruire l’edificio e i tecnici condannati in via definitiva nel processo penale. Nell’agosto 2018 è arrivata la sentenza di condanna del tribunale civile che, forse per la prima volta in assoluto, ha condannato un ente pubblico, l’Adsu, a risarcire civilmente per la morte di un ragazzo. Ora siamo in attesa della sentenza della Corte d’Appello”.
Ma ci sono anche altri processi che vedono l’avvocata Della Vigna in prima linea nella difesa delle parti civili, in attesa di sentenza: come quello per la studentessa di Lanciano Ilaria Rambaldi, che ha perso la vita insieme al fidanzato Paolo in un palazzo collassato in via Campo di Fossa. La causa è contro la presidenza del Consiglio dei ministri e il vicecapo della protezione civile Bernardo De Bernardinis, per aver tranquillizzato, quest’ultimo, le vittime, durante lo sciame (parlando di ‘scarico di energia’) e quindi convincendo persone a rimanere in casa, dove sono morte.
“Sto aspettando anche la sentenza della Corte d’Appello per alcune vittime del crollo dell’edificio in via Campo di Fossa. Per quest’ultimo il tribunale ha riconosciuto responsabile il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti”.
E non manca un pensiero alla coraggiosa Antonietta Centofanti, la zia di Davide, morto sotto le macerie dello studentato: scomparsa un anno fa, ha animato la battaglia pacata e costante per la giustizia e la verità, insieme ad altri, coinvolgendo anche tutte le associazioni dei famigliari delle vittime di tragedie in tutta Italia:
“Su questo triste anniversario per l’assenza della mia amica Antonietta Centofanti, fondatrice del ‘comitato delle vittime della casa dello studente’, sempre presente in tutte le udienze. La sua ricerca della verità dei fatti, per capire la cause dei crolli e della morte, è sempre stata tenace e non soltanto per l’amato nipote Davide, ma anche di tutti i ragazzi della casa dello studente e di tutte le vittime all’Aquila e in Italia”.