Selenyj Jar, l’epopea dei giovani abruzzesi che fermarono le truppe sovietiche

di Alessio Ludovici | 15 Marzo 2023 @ 06:00 | RACCONTANDO
alpini
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L’AQUILA – Erano diretti in tutt’altro posto, verso le montagne del Caucaso, gli alpini del Battaglione L’Aquila in quella tragica guerra d’invasione che fu la Campagna di Russia durante il secondo conflitto bellico. Poi l’ordine di andare nelle sconfinate pianure ucraine con un equipaggiamento da montagna poco adatto alla melma glaciale della steppa. Le controffensive sovietiche avevano ormai salvato Stalingrado e cancellata un’intera armata nazista, rischiavano di piombare sul ripiegamento delle forze dell’Asse senza lasciargli scampo. Agli alpini abruzzesi il compito di impedirlo, di guadagnare tempo. Caricati in fretta e furia su dei camion vennero scaricati a Selenyj Jar. Un solo ordine: impedire ai sovietici di sfondare. Con l’equipaggiamento sbagliato, con numeri soverchianti dei sovietici. Una generazione di abruzzesi falcidiata dalla guerra. Ci riuscirono però, in qualche modo. Sul campo rimasero in migliaia, a casa tornare in poche decine. 

A raccontare quella storia ieri, a ridosso degli ottanta anni da quegli eventi, un evento che si è tenuto presso la casa del IX reggimento degli Alpini, in questo periodo impegnato in Kosovo, ideato da Franca Longo e che ha visto la partecipazione del tenente colonnello Pietro Piccirilli e dello storico Francesco Fagnani che su quella drammatica pagina di storia ha scritto anche un apprezzato volume. Prima di loro i saluti. Dell’assessore Vito Colonna per la municipalità aquilana e dell’Ana Abruzzo. Ospiti dell’evento due scolaresche, una dell’aquilano, la scuola “Don L. Milani” e una del pescarese. Studenti ospiti ma anche protagonisti perché Fagnani li ha coinvolti nel racconto facendo leggere a loro pezzi di quella incredibile vicenda. 

Un racconto commmovente e un monito, rilanciato sia da Vito Colonna che dall’Ana Abruzzo, rispetto agli eventi dell’oggi con la guerra che bussa sempre più vicina alle porte dell’Europa. C’è bisogno di pace perché la guerra è sempre una tragedia spiegano, probabilmente non sarebbe stato necessario ribadirlo qualche anno fa, oggi sì.

 


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