Scintille tra i leader politici a Cernobbio sulle sanzioni alla Russia
di Redazione | 05 Settembre 2022 @ 10:18 | POLITICA
Al Forum Ambrosetti di Cernobbio i leader di partiti e coalizioni si sfidano in un confronto sui principali temi della campagna elettorale, le sanzioni alla Russia e come aiutare imprese e famiglie a far fronte alla crisi energetica. La platea è esigente, imprenditori e professionisti si aspettano rassicurazioni e ricette dai chi si candida a governare il Paese, e allora Carlo Calenda, Giuseppe Conte, Enrico Letta, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani ci provano, intervenendo rigorosamente in ordine alfabetico e illustrando le loro proposte per il futuro, senza disdegnare qualche accenno polemico.
Sulle sanzioni alla Russia. La mattinata si é aperta con le accuse di Enrico Letta: “Le parole di Salvini di ieri sono state chiarissime: se vincesse la destra la strada dell’Italia sarebbe al fianco di Putin” e “brinderebbero in primo luogo Putin, poi Orban e infine Trump”. Per l’Italia “significa retrocedere dall’Europa di serie A all’Europa di serie B”. Arriva la risposta del segretario della Lega: “Andiamo pure avanti con le sanzioni” ma “mi aspetto nelle prossime settimane che a Bruxelles si vari uno scudo europeo”; per Giorgia Meloni “se domani l’Italia si sfila dai suoi alleati e si gira dall’altra parte, per l’Ucraina non cambia niente ma per noi cambia tantissimo, perché l’Italia perde una postura seria e credibile”, avverte. I due alleati di centrodestra sono dunque in disaccordo sulle sanzioni? Niente affatto. Per la leader di FdI nel centrodestra “ci sono sicuramente differenze e sfumature ma sulla visione siamo fondamentalmente d’accordo”. “Io, Giorgia Meloni e Antonio Tajani abbiamo detto la stessa cosa. Chiediamo quel che ha chiesto Mattarella: un intervento europeo, uno scudo, un ombrello”, afferma invece in tv il leader della Lega, ribadendo però che “le sanzioni non stanno funzionando”. E chiude così la polemica: con un governo di centrodestra “non cambierà la collocazione internazionale dell’Italia. Staremo coi paesi liberi, occidentali. I miei modelli non sono la Russia e la Cina, io voglio la democrazia”.
A Cernobbio i leader si confrontano anche su caro-energia e Pnrr
Sullo sfondo la questione vera è quella del caro-energia. Secondo Giuseppe Conte “l’extra-deficit come obiettivo in sé non va perseguito, ma può essere uno strumento per proteggere tessuto imprenditoriale e sociale”. Antonio Tajani chiede “un’azione dell’Europa cui da mesi abbiamo chiesto un secondo Recovery plan per affrontare tutto ciò che ha provocato la guerra”. Giorgia Meloni dice no a “un nuovo scostamento di bilancio” ma “penso si possa provare a parlare con l’Ue per utilizzare le risorse della programmazione europea”. Matteo Salvini invece scalpita per un intervento subito: “Mettiamo un tetto al costo del gas e la differenza la mette lo Stato”. Altro tema è il Pnrr: per Giorgia Meloni “non può essere un’eresia dire che possa essere perfezionato” e comunque “il problema più grande non sarà rivederlo o sistemarlo ma i ritardi che ci ha lasciato il vecchio governo”. “C’è poco da promettere, come la flat tax e altro, qui c’è da implementare il Pnrr”, replica Carlo Calenda, seguito da Enrico Letta che dice “no alle rinegoziazioni, si può ridiscutere certo ma se ci mettessimo in un confronto con Bruxelles perderemmo quei soldi e perderemmo un’occasione”.
Per il resto, i leader lanciano richiami al fare, al creare le condizioni per superare la crisi e rilanciare l’economia, cui la platea di Cernobbio è particolarmente sensibile. “C’è il rischio che la politica ambientale ideologica porti alla desertificazione manifatturiera, non si può dire no a nucleare, no a tutto”, è l’esordio di Carlo Calenda; per il leader di Azione e del terzo polo “in Italia non credo si possa parlare di pericolo fascismo, ma di pericolo anarchia. Non si riesce a fare nulla”. In questo senso il convitato di pietra è il premier uscente Mario Draghi, con la sua agenda e il suo metodo, rispetto al quale Letta rivendica che “il nostro partito è stato il più lineare. La scelta di far terminare prima l’esperienza è una scelta grave”, continua, ma “noi siamo lineari e affidabili sempre per il Paese”. Sul lato opposto Giuseppe Conte, che ribadisce: “Sul metodo Draghi ho detto che trovo pericoloso che le forze politiche si rifugino in un cosiddetto metodo che è emergenziale: non si può governare un Paese senza confronto e dialettica politica”.