San Franco d’Assergi, la storia e la lezione di Giuseppe Lalli

di Redazione | 02 Agosto 2020 @ 11:07 | CULTURA
Assergi
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L’AQUILA – Nei primi secoli dell’era cristiana, in quell’affascinante stagione della storia che chiamiamo ‘Medioevo’, poteva accadere che in questi luoghi solitari e remoti dell’Appennino, alcuni giovani, magari provenienti da famiglie gentilizie come Benedetto da Norcia (480 c.ca-547), giovani assetati di assoluto, sentissero il bisogno di unirsi per condurre vita comune nella pratica della nuova religione del Dio incarnato. E così fondavano un monastero. Più tardi, attorno al monastero cominciavano a stabilire le proprie dimore i montanari dei dintorni, e si iniziava a disboscare e dissodare le terre circostanti. E infine si costruiva la chiesa, che diventava punto di aggregazione comunitaria, liturgica e civica, tempio e municipio, di quell’uomo medievale che è unitario, non schizofrenico come quello moderno.

Qualcosa del genere è potuta accadere anche in questa nostra contrada, dove, per una di quelle singolari circostanze che chiamiamo coincidenze e che forse dovremmo chiamare ‘Dio-incidenze’, in uno stesso torno di tempo è nato un castello, quello di Assergi, una chiesa, il nucleo dell’attuale chiesa parrocchiale, e, in una non lontana contrada, un uomo, il futuro San Franco (1154/59-1220/30), che con questo castello e a questa chiesa avrebbe intrecciato il suo destino, in vita e dopo la morte. Le notizie su San Franco ci vengono quasi tutte dagli Atti, che sono l’antico manoscritto latino che fu conservato nella chiesa parrocchiale di Assergi fino al 1791 e poi andato perduto. Nicola Tomei (1718-1792), preposto di Assergi dal 1742 al 1764, uomo dotto e fine latinista, che lo ebbe tra le mani, nella sua Dissertazione sopra gli Atti, e culto di S. Franco, pubblicato a Napoli nel 1791, lo descrive come un piccolo codice membranaceo scritto in carattere antico abbastanza intellegibile, con lettere iniziali miniate, contenente la vita, morte e miracoli di S. Franco.

La fama di santità dell’eremita del Gran Sasso, da sempre particolarmente viva nel versante teramano della montagna, si diffonde assai presto e oltrepassa gli stessi confini della regione. Attualmente si festeggia nei paesi che furono toccati dalla sua biografia: Roio, naturalmente, il suo paese natale, Lucoli, nella cui abbazia visse per almeno vent’anni, Arischia, il cui territorio è vicino all’Acqua di S. Franco, Ortolano, frazione di Campotosto la cui chiesa parrocchiale è intitolata al santo eremita, ed è poi protettore, oltre che di Assergi, di una  piccola frazione di Isola del Gran Sasso, Forca di Valle, dove, particolare curioso, il santo è rappresentato non vecchio e con la barba, ma come un giovane pastore, a significare forse che la santità è un’eterna giovinezza. La chiesa parrocchiale di Assergi, intitolata a Santa Maria Assunta, diventa assai presto chiesa-santuario e assume la sua attuale forma basilicale già a partire dalla seconda metà del XIII secolo, ad incrementare un pellegrinaggio già iniziato.

 


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