L’AQUILA – Per la Corte di Cassazione non c’è alcune dubbio: in diversi appalti della ricostruzione post terremoto dell’Aquila c’è stato il tentativo da parte della ‘ndrangheta di infilarsi nei lavori milionari. «Nessuna manifesta lacuna o incertezza emerge, avendo la Corte territoriale puntualmente evidenziato i riscontri disponibili rispetto alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, sia quanto alla esistenza della cosca, sia quanto alle attività svolte dall’imputato per favorirne l’infiltrazione nelle opere di ricostruzione aquilana». Così Il Messaggero d’Abruzzo di oggi ha riportato la decisione della Cassazione che, alla luce della puntuale ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione fornita dalla Corte territoriale, ha ritenuto inammissibile il ricorso dell’imputato, Francesco Ielo.
“Una conferma di fatto su quanto già dichiarato dalla Corte d’Appello dell’Aquila lo scorso anno a pochi giorni dal decennale dai tragici accadimenti legati al devastante sisma, che aveva confermato il castello accusatorio del sostituto procuratore della Repubblica dell’Aquila, Fabio Picuti. Pesante la contestazione del concorso esterno in associazione mafiosa per l’unico imputato, con un’accusa mai contestata in città. Si tratta di Francesco Ielo di 65 anni, nato a Reggio Calabria e residente ad Albenga, condannato a cinque anni. In primo grado l’imputato (assistito dagli avvocati del Foro di Roma, Paolo Colosimo e Marco Natale) nel dicembre di quattro anni fa era stato condannato alla pena di 8 anni e mezzo di reclusione. La vicenda ha avuto molto risalto in città visto l’iniziale coinvolgimento anche dell’imprenditore aquilano Stefano Biasini, assolto in primo grado, così come Antonino Vincenzo Valenti, anche lui di Reggio Calabria. Secondo l’accusa sancita ora anche dalla Cassazione le famiglie ‘ndranghetiste dei Caridi Borghetto Zindato, inserite all’interno della locale cosca di Libri, erano pronte per ogni tipo di investimento in città, attraverso la mediazione degli indagati.”