di Ezio Bianchi – Preceduta da un semplice hashtag #ricostruiamolaq e senza troppa attenzione da parte della stampa locale si è svolto a L’Aquila un incontro tra Stati Generali dell’Innovazione ed Assemblea Cittadina di Piazza Duomo sul tema:”Città intelligenti e ricostruzione partecipata dell’Aquila”.
Un incontro programmato dal febbraio scorso e rinviato più volte per evitare che venisse contaminato dalle esigenze di una campagna elettorale e relativa grancassa mediatica: voleva essere, ed è stato, un momento di riflessione su come la ricostruzione materiale della città de L’Aquila si possa realmente coniugare con quella sociale utilizzando modalità che possano interpretare le potenzialità delle nuove tecnologie della comunicazione nel promuovere forme evolute di partecipazione diretta.
Non siamo al solito tendone di Piazza Duomo, che avrebbe fatto più scena, ma è la sala convegni del Centro del Volontariato di via Saragat ad ospitare l’incontro, scelta intenzionalmente come simbolo di apertura reale verso altre realtà del territorio.
Il convegno è organizzato dall’Assemblea Cittadina e dal Centro Volontariato insieme con gli Stati Generali dell’Innovazione.
Presenti i relatori, qualcuno ha preannunciato il ritardo, presente per il Sindaco l’assessore ai lavori pubblici ed alle Smart City, Alfredo Moroni ed il suo staff, presente per il Prefetto Iurato, Maria Cristina Di Stefano, presente abbastanza pubblico in sala ed una attività su twitter con l’hashtag #ricostruiamolaq che viene proiettata in tempo reale sullo schermo http://visibletweets.com/#query=%23ricostruiamolaq&animation=2
Chair della sessione Carlo Infante, esperto di Performing Media, di Stati Generali dell’Innovazione; co-chair Anna Colasacco, dell’Assemblea Cittadina.
Abbastanza animata l’atmosfera dai vari interventi esterni da twitter utilizzati dai chairs per movimentare la discussione. Ne riportiamo parte in calce all’articolo.
Tocca a Gianvito Pappalepore, del CSV, rompere il ghiaccio e la parola per un brevissimo saluto, e comunicare ufficialmente che questo luogo, nella Casa del Volontariato, è a disposizione di tutti i cittadini. “Avviamo un dialogo sereno e chiaro, attiviamo laboratori aperti, si deve creare la capacità di cooperazione. L’assemblea cittadina deve aumentare la sua attività, serve una partecipazione reale su tutto quello che riguarda i cittadini, spero che anche l’amministrazione aumenti la sua sensibilità”.
Dopo gli auguri di buon lavoro da parte del Prefetto, Carlo Infante provoca l’assessore Moroni: smart city o smart community?, le parole sono importanti, la questione non è tecnica, non è solo culturale, è sociale ed intimamente politica.
E l’assessore Moroni non si sottrae, anzi rilancia: “vogliamo una forte innovazione e una forte compartecipazione, cercheremo un accordo con altre città terremotate per un modello di ricostruzione insieme, vogliamo ricostruire la città attraverso un monitoraggio continuo che ci consenta di fare le scelte più opportune, ricostruire un rapporto tra l’individuo e la società, insomma mettere insieme l’esigenza di ricostruire con le esigenze della socialità. Non tutti sono informati ma il Comune ha comunque già intrapreso la strada dell’innovazione e stiamo anche gestendo alcuni progetti di smart city. Affidati a giovanissimi funzionari cui potete rivolgervi per qualsiasi dettaglio.
Più che i dettagli a noi interessa la filosofia che sta alla base di questi progetti”.
E le spiegazioni che arrivano da Daniele Mingroni, sono abbastanza convincenti ed in linea con il concetto di comunità intelligente visto come punto di partenza imprescindibile per qualsiasi applicazione tecnologica: “guardiamo alla smart city come capacità di progettare in maniera integrata.
A parole siamo in accordo con le istituzioni… ma sono anni che parliamo di trasparenza e informazione, siamo contenti che si stia facendo qualcosa e che ci si comunichi qualcosa. Speriamo che alle parole seguano gesti concreti di apertura alla partecipazione”.
“E’ convinzione comune nella Assemblea Cittadina, – dice Ezio Bianchi, – che solo partendo dal basso, dalla antica e recente storia cittadina, si possa ricostruire quel tessuto sociale che consenta di tendere, uniti, verso la ricostruzione vera della città.
La diaspora, innescata dalla dispersione coatta dei cittadini subito dopo il terremoto, e sviluppatasi nelle dicotomie tende/alberghi, CASE/casette, grati/ingrati, “dice che” di ogni tipo, purtroppo ancora presente, ha visto i cittadini divisi su tutto ma consapevoli oggi che qualsiasi soluzione per gli aquilani deve essere concordata con gli aquilani.
Così non è stato per il Progetto Case, che ha franto la città in 19 new towns, una poliperiferica città senza centro, così rischia di non essere se accettiamo a scatola chiusa soluzioni partorite altrove, fossero anche con marchio doc, tipo OCSE. L’esperienza ci dice che dobbiamo tenere alta la guardia, abbiamo messo insieme un mini-memorandum su quanto accaduto a L’Aquila, per ben vivere è bene ricordare, pur disponibili ad aperture verso tutti e soprattutto verso l’innovazione”.
Nello Iacono, di Stati Generali dell’Innovazione ribadisce “l’impegno a supportare insieme con l’Assemblea Cittadina e con altri un progetto di RICOSTRUZIONE PARTECIPATA.
E’ necessario mettere sempre insieme tutti gli interessati al progetto”.
Apertura, trasparenza, progettualità territoriale sono prerequisiti, serve una vision del territorio che sia integrata e condivisa, non basta l’ascolto.
Fondamentale tener conto delle differenze: della necessità di alfabetizzazione informatica (il 40% dei cittadini non ha mai navigato in internet), la progettazione va integrata con la formazione, condividere le esperienze, soprattutto costruire un luogo permanente di progettazione partecipata.
Chi esprime esigenze di innovazione deve farsi carico della strategia e del progetto complessivo.
Questo nostro incontro è stato un primo passo, ci troviamo una situazione che incorpora gli errori del passato, un secondo passo può essere rincontrarci tra qualche mese in un progetto che abbia dentro università, comune che possa essere realmente perseguito e vissuto dalle popolazioni aquilane come partecipazione reale dal basso a migliorare le sorti della città.
Quanto mai opportuno, anche se accettato con qualche mugugno causata da diffidenza verso le istituzioni, è stato l’intervento di Trasatti, CGIL, che ha ricordato su quali basi è nato lo studio OCSE, pensato per ridefinire una strategia di sviluppo per il nostro territorio.
“Con i fondi raccolti da Organizzazioni Sindacali e Confindustria abbiamo scelto, nel 2009, di investire in “l’Aquila città della conoscenza”.
Abbiamo chiesto a tutto il mondo di collaborare al progetto per L’Aquila. Propiziato dall’allora dirigente, ora Ministro della Coesione, Fabrizio Barca che lo ha autorevolmente rilanciato in “Sulle ali dell’Aquila” (http://www.abruzzosviluppo.it/filedoc/1311670451-Progetto.pdf) ed integrato con voci locali a garanzia del territorio”.
Una autorevole conferma della bontà del progetto è arrivata anche dal Prof. Iapadre, insigne economista dell’Ateneo Aquilano, che ha precisato di “partecipare al progetto nella consapevolezza che i problemi de L’Aquila sono risolvibili solo in una ottica regionale e di aver condizionato tale partecipazione al rispetto di autonomie e vocazioni territoriali, nella certezza che la possibilità di progettare il proprio futuro rimane agli aquilani”.
Ha inoltre invitato tutti a compilare il questionario OCSE che potrete trovare sul sito del CRESA. https://qtrial.qualtrics.com/SE/?SID=SV_agHWMRbsRqOD18o
Ben venga la visione OCSE, ma l’attenzione dell’incontro è stata molto centrata sul contingente, su quello che possiamo fare noi ora, come cittadini, su come recuperare socialità ora, per guardare ora ad un miglior modo di affrontare da subito la ricostruzione.
Le piccole cose in cui le persone, i cittadini, possono ritrovarsi quotidianamente, insieme.
Abbiamo tutti subito le imposizioni della Protezione Civile, la dispersione, le discriminazioni, l’evidente corruzione di puntellamenti e Progetto CASE, G8, palcoscenico mediatico permanente, etc…
Ma insieme erano, gli aquilani, alle “CARRIOLE”
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insieme alle grandi manifestazioni contro il sistema mediatico
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ed un governo che sin dai primi mesi assicurava gli italiani che a L’Aquila tutto è ok, L’Aquila è già ricostruita. Insieme ci siamo resi conti che così non era. La ricostruzione non è ancora cominciata, oggi, a tre anni di distanza. Basta venire a L’Aquila per rendersi conto.
Occorre ora guardare avanti tenendo ben conto del passato e di tutto ciò che accade oggi.
Si parla troppo di smart city, di finanziamenti possibili, di nuova tecnologia: ci chiediamo in che modo possano esserci utili questi concetti, qui, a L’Aquila, oggi, per avviare la ricostruzione sociale, per consentire la partecipazione diretta dei cittadini, di tutti i cittadini, soprattutto le fasce deboli e più isolate. Pensiamo ai pensionati confinati nelle new town, ai disabili, a chi non ha la patente, a chi non ha internet: quale partecipazione?
A proposito arrivano le precisazioni di Giampiero Mingroni (Presidente Coordinamento Associazioni dei Disabili) su handicap, disabilità e ricostruzione partecipata della città: “la società dovremmo vederla come una rete che “comprende” i disabili, una smart city non può escludere il disabile; sbaglia la tecnologia quando pensa “al posto ” del disabile”. Attenzione alle soluzioni per tutti, i bisogni non vanno definiti da chi somministra l’applicazione tecnologica ma dal disabile.
La soluzione: individuare insieme al disabile quali sono gli ostacoli ed insieme trovare le soluzioni”.
Da Dario Verzulli, di “L’Aquila che vogliamo” (Vittorini), altro intervento per proporre “un progetto concreto di riutilizzo di strutture e condivisione delle scelte per andare incontro alle fasce svantaggiate della popolazione (unica cosa realizzata, Piazza delle Arti, non è un bell’esempio di condivisone, ma lasciamo indietro le polemiche ed utilizziamo al meglio quello che abbiamo, creiamo due poli della solidarietà utilizzando quello che c’è: facciamo due poli un polo a Pagliare di Sassa ex SERCOM, l’altro a Paganica, complesso sportivo, all’altro lato della città estesa. Un progetto di ricostruzione sociale, facilmente realizzabile da subito, per rendere la nostra vita ogni giorno migliore)”.
Esperienze pratiche sono state presentate anche da Gabriella Liberatore (Transition Town), ricordando che L’Aquila, allo stato attuale, è una città debole, precaria, non strutturata, appunto una città in transizione. Sono stati sviluppati corsi per facilitatori, esperienze di Gruppi di acquisto solidale, esperienze di attivazione del vicinato, stiamo tenendo in questi giorni un altro corso per facilitatori per mettere in piedi una struttura di volontari della partecipazione, si sta pensando all’adozione parziale di moneta locale per sostenere l’economia locale, più debole. In una ottica sostenibile di miglioramento reale della qualità della vita di una città terremotata.
Massimo Alesii, AGT Communications. Delegato FERPI Abruzzo e Molise, in un poetico e coinvolgente intervento tendente a far comprendere a tutti quanto strutturata fosse la società aquilana prima del sisma si interroga su quale ruolo possa avere oggi la rete in quanto mezzo, ma anche in quanto luogo, dove gli aquilani del dopo sisma, in una neo comunità assolutamente non strutturata, fluida ed instabile, possano sperimentare se stessi e l’interazione con gli altri.
“Utilizziamo molto più che altrove una comunicazione sincrona (chat, facebook, msg, twitter etc..), come le aggregazioni di durata temporanea che si aprono nel momento in cui qualcuno decide di aprirle e muoiono quando non c’è più nessuno in linea. L’aggregazione qui , oggi, è fondata sulla condivisione del momento, l’interazione è occasionale e basata sull’anonimato degli utenti, questo favorisce una fluidità dell’identità, la possibilità per i partecipanti di sperimentare diversi aspetti della propria identità.
Siamo così proiettati in una modernità che a volte non capiamo, ma che porterà verso forme di più ampia cooperazione e solidarietà, sono poi questi i due concetti che sono alla base della Terza rivoluzione industriale, ormai alle porte, e L’Aquila , che ne è involontaria protagonista, dovrà prenderne atto”.
Leonardo Scimia, giovanissimo Presidente della Consulta degli studenti, oltre a rilevare la positività dell’ apertura verso i giovani con le smart city, ci ricorda come sia importante” fare insieme: stiamo ricostruendo la città, cerchiamo di farlo bene”.
Ma possiamo farlo bene, siamo ancora in tempo, per recuperare gli errori del passato?
Per Marco Massaro, giovane studente di URBAN EXPERIENCE, non ci sono dubbi:”se utilizziamo bene le tecnologie moderne, il web 2.0, walk show, etc.., formazione dei cittadini, l’interazione tra web e territorio L’Aquila può facilitare i processi di partecipazione ed avviare la ricostruzione partecipata della città, in fondo la modernità è l’attitudine di trasformare una crisi in valori”.
Meno ottimismo si registra quando il convegno, esaurita la fase espositiva dei problemi, e delle speranze, di necessità volge verso la ricerca di soluzioni realmente praticabili, nel contesto e nella situazione di fatto in cui ci troviamo.
“Abbiamo registrato delle dichiarazioni propositive dell’assessore Moroni”, dice Ettore Di Cesare, neo consigliere comunale eletto con “Appello per L’Aquila”, “ma non registriamo passi avanti dell’amministrazione in termini di partecipazione ed è un problema di credibilità”.
“Il primo passo per una smart city è l’informazione necessaria ad abbattere il divario informativo che c’è tra il cittadino e l’amministratore. E’ necessario anzitutto un censimento dell’esistente, prima di costruire si fa una valutazione d’impatto e una analisi dei fabbisogni e va fatta insieme con tutti i cittadini interessati: i prerequisiti di una smart city sono: NON CONSUMO DI SUOLO e PARTECIPAZIONE; mi sembra che a L’Aquila non ci siamo proprio.
Ci vorrebbe un diverso concetto di delega che favorisca la partecipazione diretta, e costante, dei cittadini: il mio ruolo per il Comune sarà quello di far entrare la cittadinanza in Consiglio Comunale”.
Pessimista anche l’architetto Marco Morante, di Collettivo 99, sulle “magnifiche sorti e progressive non perché manchino senso di innovazione o capacità nei cittadini: siamo in presenza di un contesto burocratico amministrativo assolutamente non facilitante, una classe dirigente sostanzialmente avversa ai cambiamenti. L’Aquila era una Smart City, oggi è una città divisa, decostruita.
Collettivo 99 lo dice dall’Aprile 2009, non com’era dov’era ma una ricostruzione INTELLIGENTE volta al futuro. Sono purtroppo tanti i problemi che le amministrazioni non hanno ascoltato”.
Sono tanti i problemi che segnalano una involuzione della città in STUPID CITY.
E’ importante che il processo sia democratico, partecipato. Così non è stato: siamo arrivati forse troppo in là per recuperare la situazione?
E’ giusto che dai giovanissimi venga entusiasmo, dai giovani che si scontrano ancor oggi contro una burocrazia feroce e che hanno subito, coscienti, tutto il calvario degli aquilani che volevano fare qualcosa per il sociale ed a cui è stato impedito, venga invece realismo, consapevolezza delle difficoltà dell’azione concreta, dai meno giovani disponibilità comunque ad operare per il bene della città che richiede soprattutto unità, tolleranza, capacità di visione.
Termina la giornata con l’impegno comune di rivedersi, di cogliere la disponibilità mostrata dall’assessore per cercare di mettere in piedi un progetto (cittadini, associazioni, università, stati generali dell’innovazione, Comune) concreto su cui misurare la capacità- volontà di guardare avanti insieme.
E tentare di fare qualche altro passo avanti.