Le tecniche imparate a L’Aquila impiegate dai vigili del fuoco a Vigarano Mainarda, per garantire la sicurezza della chiesa della Beata Vergine Addolorata, seriamente compromessa a causa del terremoto. Dopo la prima violenta scossa del 20 maggio la facciata dell’edificio, risalente al 1599, si era staccata dal corpo centrale. Due crepe profonde hanno iniziato a correre lungo i lati della muratura e ad ogni nuovo sussulto della terra si allargavano e allungavano di più. Partite dalla sommità della struttura si sono in fermate, in questi giorni, ad appena un paio di metri dal suolo. Il possibile crollo preoccupava ovviamente l’intero paese: se anche non avesse minacciato l’incolumità delle persone, allontanate dalla zona rossa con i transennamenti, sicuramente avrebbe coinvolto gravemente le case di fronte.
L’intervento dei vigili del fuoco ha neutralizzato in breve tempo questo rischio. Diverse squadre si sono avvicendate a Vigarano: la prima a intervenire proveniva da Napoli, si è occupata della prima pulizia degli interni, di rimuovere le statue e tutto ciò che avrebbe potuto rovinare a terra. Si sono poi alternate squadre venete e piemontesi. Assieme alla Soprintendenza regionale per i beni culturali e paesaggistici e a Gianpaolo Guerzoni, architetto di Vigarano che da anni si occupa delle necessità della parrocchia, è stato concordata con i vigili del fuoco una complessa operazione “di salvataggio”. Due grandi supporti di legno puntellano ora i lati della facciata alla base, in cima invece – all’altezza del timpano e del frontone – tiranti metallici “imprigionano” l’edificio e lo tengono fermo.
Un occhio profano, non avvezzo a questo tipo di tecnologie, potrebbe facilmente vedere in questa complicata architettura una semplice impalcatura, ed in effetti i lavori di ripristino non possono assolutamente dirsi finiti. La grande “imbragatura” serve unicamente a scongiurare la caduta, il luogo di culto resterà inutilizzato e inutilizzabile ancora per lungo tempo. Solo ora potranno effettuarsi le necessarie verifiche al solaio, allo stato delle architravi, per capire che tipo di restauro necessitano. Dopodiché bisognerà procedere con il piano di ripristino vero e proprio. “Fino ad adesso nessuno qui poteva entrare – spiega il parroco don Graziano Donà -: all’interno si erano verificati numerosi crolli e accedervi era assolutamente proibito. Ora che la facciata è stata ancorata alla struttura potranno iniziare le perizie, dopodiché si potrà organizzare il recupero”.