Che un terremoto non si possa prevedere è cosa risaputa, lo abbiamo sentito ripetere più e più volte nei mesi scorsi. E sappiamo anche che uno sciame sismico non annuncia necessariamente una scossa più forte. Né la scongiura.
Ciò su cui non esiste un consenso è quale sia il modo migliore di gestire la comunicazione alle popolazioni che vivono in zone ad alto rischio e che possono vivere l’esperienza di sciami sismici più o meno intensi. Sappiamo anche che questo è il nodo centrale attorno al quale si dibatte nelle aule del tribunale di L’Aquila in queste settimane il processo contro i sette membri della Commissione Grandi Rischi. Ai sette accusati, sei ricercatori e sismologi in forze all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), incluso l’allora presidente Enzo Boschi, e l’ex vice capo della Protezione Civile De Bernardinis, è stato recentemente aggiunto come imputato anche l’ex capo del Dipartimento di Protezione Civile nazionale, Guido Bertolaso, che è stato interrogato dai giudici il 15 febbraio scorso.
Decisione, quella dei giudici, molto discussa, anche su questa testata da un articolo di Matteo Marini e da una opinione di Paolo Manasse, per diversi aspetti controversi contenuti nel testo della richiesta di rinvio a giudizio del PM, come bene illustra Nicola Nosengo in una serie di articoli per la rivista britannica Nature e per Scienza in rete.