Processi: Ristori e/o vendette

avv. Gian Luca Totani*

di Redazione | 10 Novembre 2020 @ 11:50 | LA LEGGE E LA DIFESA
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Nei decreti “ristori” (uno e bis), così detti perché dovrebbero recare in sè provvedimenti tesi a salvaguardare le attività economiche più colpite dal falso lockdown, compaiono norme che avrebbero in animo di disciplinare anche l’esercizio della giurisdizione in questo periodo di legislazione patchwork.

Pomo della discordia è quella norma che subordina la discussione orale delle impugnazioni alla tempestiva richiesta del difensore, altrimenti le corti (di appello o cassazione) decidono sulle carte già in loro possesso.

È all’evidenza l’ennesimo provvedimento privo di senso e logica partorito dalla mente di un legislatore sempre più attento a non rovinare i rapporti con le rappresentanze ma non a risolvere i problemi: cosa significa pensare di svuotare le aule delle corti mentre quelle del primo grado rimangono affollate perché non si riesce a seguire programmi orari intelligenti?

Il senso di questa “scelta”, chiamiamola così, è chiaramente “politico” (con la p rigorosamente minuscola).

Nel decreto ristori uno, la parte dedicata alla giustizia accoglieva le proposte sintetizzate in un documento comune nato tra alcune grandi procure ed UCPI (possibilità di svolgere atti di indagine da remoto, facoltà di deposito di atti ed impugnazioni da parte degli avvocati a mezzo pec).

Il decreto ristori bis, con il meccanismo di partecipazione eventuale del difensore, recepisce con tutta evidenza il malumore di Anm e della magistratura giudicante che tanto si erano offese per la mancata partecipazione all’accordo precedente.

Ecco, la politichetta decide di dare ristoro anche a quella parte della magistratura scontenta per la marginalizzazione subita.

I risultati saranno scarsi perché è facilmente intuibile che gli avvocati sommergeranno le corti di richieste di trattazione orale (come posso fidarmi che un giudice abbia davvero compreso la mia impugnazione quando ancora oggi mi è successo di verificare che la sciattezza impedisce addirittura di leggere compiutamente un certificato dei carichi pendenti?) ma è il metodo a lasciare sconcertati.

Con il confronto si possono trovare soluzioni condivise.

Con il sotterfugio si crea solo malumore.

Quel che rimane è la netta sensazione che -ancora una volta- l’unica soluzione possibile alla crisi della magistratura sia quella della separazione delle carriere.

Piano piano ci stanno arrivando da soli.

*presidente Camera Penale – L’Aquila


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