di Antonio Porto – In occasione della modifica dello Statuto della Regione Abruzzo, proposi di inserire, tra i primi dieci articoli, quelli fondamentali, il seguente” La Regione Abruzzo si impegna ad eliminare gli squilibri territoriali delle aree interne, che ostacolano uno sviluppo equilibrato dell’intero territorio regionale”. Naturalmente il localismo, la scarsa sensibilità alle tematiche, non hanno consentito che questa proposta fosse discussa.
IL sisma, se ce n’era bisogno, ha evidenziato come la mia modesta lungimiranza poteva essere una chiave di volta per indirizzare la politica regionale a favore delle aree colpite.
Se fosse passata la mia proposta il Governo regionale sarebbe stato costretto ad intervenire, stanziando fondi propri o attuando iniziative specifiche.
La mancanza di coesione tra le varie componenti territoriali e politiche non ha consentito che il dramma delle aree colpite dal sisma fosse affrontato come tematica prioritaria della Regione. Si è affidato al Governo nazionale una qualche soluzione, impegnandosi a svolgere il ruolo marginale di Ente commissariato.
Ciò ha fatto agio ed ha costituito un alibi per il Governatore e la sua giunta che, al di là delle belle parole rassicuranti espresse in occasioni paludate, nella realtà non ha mosso un dito.
La politica, quella che i cittadini si aspettano come insieme di azioni volte alla risoluzione dei problemi, è stata assente, eppure la Regione ha strumenti di intervento sull’economia locale capaci di aiutare le imprese ed i cittadini dell’area del cratere ad uscire da una situazione di crisi, aggravata dal peggioramento economico e dalle contingenze internazionali.
La Regione ha potere sull’addizionale Irpef, sull’Irap, sulle tasse automobilistiche, sui tichets sanitari. Poiché l’obiettivo principale era il risanamento del bilancio, si è preferito questo ad azioni che potessero in qualche modo contribuire ad affrontare la ben più grave crisi sociale ed economica conseguente al sisma. La politica Montiana è stata preceduta da quella Chiodiana.
Senza discriminazioni il Governatore ha fatto pagare a tutti il peso del risanamento (vedi aumento del tichet sanitario), ma gli aquilani hanno contribuito più degli altri cittadini abruzzesi, visto che il rimborso dell’assicurazione dell’Ospedale S. Salvatore è stato utilizzato per le finalità di cui sopra. Tutto ciò senza che si sia alzato, non dico un veto, ma neanche un timido forse, da parte dei consiglieri locali.
Devo dar credito ai partiti di aver fornito prove, non solo quella sopra ricordata, circostanziate, reiterate e senza reticenze, per un periodo di almeno cinquanta anni, di come la loro attività debba essere considerata non politica, bensì di lobbing sia all’interno dei partiti, sia dentro le istituzioni.
Il 44% dei cittadini riconoscono questo stato di cose, esprimendo la loro convinzione con l’astensione dal teatrino dei partiti. L’impegno dei gruppi lobbisti è stato tanto più convincente nel tempo, che la percentuale dell’astensione è aumenta di elezione in elezione.
Le primarie, da molti considerate una forma evoluta di democrazia, non appena è calato il sipario del primo turno si sono rivelate quello che nascondono: uno scontro tra gruppi di potere. Entrambi i contendenti e gli altri che si confronteranno a destra, sgomitano per la conservazione e preservazione del potere.
Ci stiamo facendo trascinare da anni nella giostra dell’esercizio atavico di stile del controllo dei partiti, delle istituzioni, dell’informazione, del sistema bancario e finanziario, del bilancio pubblico, delle imprese.
Manca sempre il cittadino, le sue esigenze e quelle delle generazioni future, la sostenibilità della crescita, lo sguardo ad un futuro di benessere equilibrato ed equidistribuito, la laicità dello Stato.
Se non ci vogliamo arrendere a questo sistema occorre reagire, insegnando anche ai giovani che, al di là di bei discorsi, cosa che è sempre riuscita ai politicanti, la strada che gli si prospetta sarà sempre la stessa da millenni: il potere viene sempre gestito a fini privati e personali.
Occorre sottolineare loro che i cosiddetti potenti, per generazioni, hanno fornito a sufficienza prove della loro corruttela, della loro incapacità, della loro distanza dalle esigenze della popolazione, dell’immenso debito pubblico causato da sperperi finalizzati a rafforzare le loro dinastie di vassalli votanti, di riforme sempre rinviate perché riducevano il loro potere, delle discriminazioni territoriali e personali volte a rafforzare la loro contea.
Tra i pochi mezzi legali a disposizione, oltre a non votare ed annullare la scheda, si può fare massa critica e formare liste di cittadini onesti, capaci, non corrotti, senza conflitto d’interessi, fuori dai partiti e dalle lobby, senza personalismi, capaci di far proprie le esigenze dei cittadini e dar loro risposte, senza inciuci e compromessi con nessuno.
Le elezioni sono prossime e se ci si vuole impegnare è tempo di scendere in piazza.