Mi chiamo pluto, ma a L’Aquila mi conoscono come ju cane, che significa “il cane” in questo strano dialetto umano.
Non ricordo bene quando sono nato, ma se mi specchio nelle pozzanghera mi sembra di vedere alcuni peli bianchi sul muso. Forse è l’età, o forse dipende dagli inverni che ho passato in questa città. Ne ho viste tante di nevicate che i miei baffi ricordano le volte che si sono gelati, e sono veramente tante, credetemi.
I vicoli e le piazze di questa città li conosco come la mia coda, come tutte le mani che mi accarezzano e mi danno da mangiare.
Incontro tanti amici uomini per strada, e quando mi chiamano, rispondo sempre con una scodinzolata.
Sono la memoria degli odori e delle voci della città, e tutti i miei compagni mi seguono e rispettano come fossi il capo branco.
Dove ci troviamo è Piazza Duomo, centro del mio territorio. Tutte le mattine, dopo una bevuta alle sue fontane, mi muovevo tra le bancarelle dell’antico mercato dove trovavo sempre delle carezze e qualche amico delle rosticcerie che mi faceva fare colazione.
L’Aquila è una città piccola ma sempre con qualcosa da fare. A me ad esempio piaceva accompagnare gli umani durante le loro manifestazioni. Quando si riunivano, silenziosi in una processione, rumorosi dietro una banda o fermi nei comizi, io ero sempre al mio posto in prima fila a prendere carezze e fotografie.
Ora sono passate tre primavere da quella notte in cui la città è diversa. In cui tutti sono cambiati.
Ero qui a dormire, quando all’improvviso un sibilo mi entrò nelle orecchie, poi un boato nell’aria ed un tremolio che saliva su dalle zampe.
Tanti miei compagni balzarono in piedi abbaiando e ululando, ma non capivo a chi. Dopo poco infatti, non vedendo nessuno, tornava tutto deserto e silenzioso.
Allora con un paio di compagni decidemmo di fare un giro tra i vicoli della città, ma tranne per qualche umano stranamente ancora in strada, non riuscimmo a dare la spiegazione allo strano fenomeno.
Mentre ero lì a grattarmi la testa ecco tornare ancora quel sibilo, più forte del precedente, e che mi fece tanto male da farmi abbaiare e guaire.
Un cupo boato ci fece poi sobbalzare e quella forte vibrazione che saliva su dalle zampe, forte, sempre più forte, e con la testa che girava tanto. E’ stato come quando le pulci più fastidiose si mettono alla base della coda e, tentando di grattarti, ti trovi a girare come una trottola. E così mentre girava e vibrava tutto, la piazza, la strada, le case, dall’alto cominciarono a cadere sassi, grandi come case…anzi, quando ci penso, erano proprio le case che cominciavano a cadere.
Così, spaventati siamo riusciti io e gli altri a ritrovarci a piazza duomo, la nostra piazza, quella sempre piena di amici.
Ma strani uomini incontrammo, bianchi e pieni di polvere, e nessuno che mi accarezzava. Chi si agitava tanto, e chi era immobile come pietra. Avvicinandomi alle mani di chi era fermo sentivi odore di sangue e paura..tutta la piazza aveva lo stesso odore.
Rimasi ad aspettare l’alba incontrare gli amici del mercato e per passare da una macelleria che mi togliesse questo sapore amaro dalla bocca.
Ma il sole era alto ed il mercato non arrivò, e da allora non è più tornato.
I negozi in cui a volte infilavo la testa per vedere se c’era qualcosa di buono non hanno più aperto, e non ho più incontrato i vecchi amici umani lungo i portici del corso.
Da quella notte tutti gli uomini sono andati via stringendo case in gabbie di ferro e chiudendo tutti i portoni. Nelle strade ci sono strani labirinti di reti e tubi metallici. Sono partiti ma non siamo stati dimenticati. Ci portano da mangiare, vanno via e noi li seguiamo scodinzolando. Ma nessuno entra più in quelle case.
Giriamo per quei vicoli vuoti e piazze deserte tutto il giorno, e quando raramente incontriamo qualcuno, lo annusiamo per cercare di riconoscere un vecchio odore.
Con i compagni del branco ci ritroviamo in piazza e, aspettando che faccia notte, ci diciamo che forse all’alba tornerà il vecchio mercato.
A volte, la piazza ed il corso si riempie di uomini come il passato, e allora anche io torno a ricoprire il mio compito di rappresentante canino e mascotte della città e torno al mio posto in prima fila. E’ bello, sento l’odore degli amici, mi chiamano e mi fotografano.
Noi, Cani dell’Aquila, abbiamo anche una pagina su facebook con più di 3000 amici dove poi ci possiamo rivedere e leggere i saluti degli amici.
Mi fanno interviste e mi offrono di portarmi in case calde con pasti regolari e abbondanti, anche al mare mi volevano portare!
Ma io rimango qui, amico mio, qui sono nato e questa è la mia città. E quando mi addormento sogno che il rumore del mercato mi risvegli alle prime luci dell’alba con le sue voci ed i profumi, con le cassette della frutta e le macellerie aperte.
E rivedere tutti i miei vecchi amici che in quello strano dialetto mi dicono..ciao pluto, nojatri semo tornati!!
A chicco, prosperino, bianchina e agli altri del branco che sono rimasti in città.