Per grazia ricevuta. Tutti i retroscena della liberazione di Patrick Zaki, cittadino onorario di diversi comuni abruzzesi

di Fausto D'Addario | 20 Luglio 2023 @ 12:43 | ATTUALITA'
liberazione di Patrick Zaki
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Patrick Zaki, cittadino onorario di diversi comuni abruzzesi, è libero e torna in Italia, graziato dal presidente egiziano Al-Sisi, alla fine di una tormentata vicenda che assume i contorni di un calvario. Sollievo anche per l’abolizione del divieto di viaggio, fatto non scontato, perché ci sono stati casi di persone assolte, ma che non hanno potuto lasciare il paese e, dapprima scarcerati, sono poco dopo tornati dentro. È il fenomeno delle “porte girevoli”, che in Egitto conoscono molto bene.

“Sto programmando di essere a Bologna sabato mattina arrivando a Milano”.

#PatrickZaki uscendo dall’ambasciata italiana al Cairo (fonte ANSA)

Zaki

Subito dopo il rilascio la telefonata tra la premier Meloni e Al-Sisi.

Patrick, sorriso da bravo ragazzo, occhiali tondi e ricci un po’ sbarazzini: il volto del più celebre prigioniero d’Egitto è entrato nella mente e nel cuore degli italiani dal 2020, quando il 7 febbraio di quell’anno venne fermato all’aeroporto del Cairo dalle autorità egiziane. Viene arrestato, torturato – per 24 ore non si sa più nulla di lui – e messo in carcere, dove rimarrà per 22 mesi, quasi due anni, ostaggio di udienze di volta in volta rimandate. L’accusa è di diffusione di notizie false sulle condizioni interne del Paese, minacce alla sicurezza e alla pace sociale e propaganda terroristica. L’attenzione era puntata su alcuni suoi post di Facebook, che la difesa invece considerava falsi, scritti da un contatto fake. Due i reali motivi di tanto accanimento: nel 2018, anno delle presidenziali egiziane, aveva seguito tutta l’organizzazione della campagna elettorale dell’avvocato Khaled Ali, avversario di Al-Sisi, che fu costretto a ritirarsi a cause delle continue intimidazioni. L’anno successivo Patrick pubblica un articolo sul sito di notizie Daraj, dove raccontava una settimana della sua vita da cristiano egiziano, tra attentati e quotidiani soprusi contro i copti. Attivismo politico e lotta per i diritti umani, questo è stato il pezzo pagato da Patrick.

Fin da subito l’impegno della società civile, prima fra tutti Amnesty International è stato massiccio e anche l’Abruzzo ha fatto la sua parte. Pochi giorni dopo il suo arresto, ci fu una doppia mobilitazione a L’Aquila il 20 febbraio 2020: attivisti e attiviste di Amnesty International sono scesi in piazza di fronte Palazzo Camponeschi – sede del Rettorato dell’Università dell’Aquila – e alla Fontana Luminosa. A Pescara ci fu una mobilitazione il giorno successivo in Piazza della Rinascita. Il movimento “Free Patrick Zaki”, poi, si è esteso come un’onda gialla in tutta Italia; tra i comuni che hanno esposto uno striscione o comunque un simbolo come impegno per la libertà di Patrick ricordiamo Pescara, Chieti, Francavilla e Tollo. L’Università di Teramo espose nella sua sede un pannello con l’immagine di Giulio Regeni che abbraccia Patrick Zaki, con la frase “Questa volta andrà tutto bene!”. Ricordiamo anche l’iniziativa condivisa dalla sezione Abruzzo-Molise di Amnesty con la diffusione dell’hashtag #SundayforPatrick, perché la domenica è il giorno che solitamente si trascorre con familiari e amici e la storia di Patrick ha toccato un po’ tutti. Ad Aielli (Aq) l’artista Maria Angelica Mazzulli aveva realizzato un murale dedicato a Zaki e ora, secondo le parole del sindaco, potrebbe essergli donato. Tante, in tutta Italia, le iniziative per dare la cittadinanza onoraria al giovane ricercatore egiziano, anche da parte di comuni abruzzesi. Una mappa che si è accesa di punti luminosi, tra i comuni più grandi, come Pescara, Chieti e Vasto e più piccoli, come Gagliano Aterno (Aq). Ma non importa quanto siano grandi o piccoli gli enti locali: la difesa dei diritti umani inizia sempre dai piccoli posti.

Poi 18 luglio 2023 si arriva alla sentenza: condanna a tre anni di carcere. Molti si aspettavano l’ennesimo rinvio, invece questa volta il giovane è stato arrestato direttamente in tribunale, tra le lacrime e le grida della madre. “Aiutatemi”, è riuscito a dire Patrick, mentre veniva portato via dalle guardie. Come riferito dall’Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), la stessa ONG con cui Zaki collaborava, è stato processato ai sensi della legge di emergenza che non consentiva ricorsi dinanzi a corti superiori. La legge necessitava solo della ratifica definitiva da parte di Al-Sisi, che aveva il potere di concedere una grazia presidenziale. E grazia fu, cui sono seguiti gli applausi a Montecitorio e un profluvio di commenti trionfali da ogni parte politica. Uno tra tutti, l’esultanza della premier Giorgia Meloni, che è riuscita in un’impresa dove gli altri governi avevano fallito:

Patrick Zaki ha oggi ricevuto la grazia dal presidente la Repubblica egiziana e voglio ringraziare il presidente al Sisi per questo gesto molto importante fin dal nostro primo incontro lo scorso novembre io non ho mai smesso di porre la questione ho sempre riscontrato da parte sua attenzione e disponibilità e voglio ringraziare l’intelligence e diplomatici tanto italiani quanto egiziani in questi mesi non hanno mai smesso di lavorare per arrivare alla soluzione auspicata domani a Lisa che tornerà in Italia gli auguro dal profondo del mio cuore una vita di serenità”.

Dietro anche la forte e sottile trama diplomatica. Il nuovo ambasciatore d’Egitto in Italia, Bassam Rady, non è una figura qualsiasi. Portavoce di Al-Sisi e membro della Commissione contro il terrorismo, è un uomo molto ascoltato dal suo presidente e deve essere stata la figura chiave della vicenda che ha portato alla grazia di Zaki. Del resto il 19 e il 23 luglio cadono due appuntamenti nei quali ogni anno il presidente egiziano mostra la sua bontà verso i carcerati: il 19 è stata la festa di El Am El Hijri, considerato il capodanno islamico, che ricorda la fuga di Maometto a Medina. Il 23 luglio ricorre l’anniversario del giorno della rivoluzione egiziana del 1952, che portò alla caduta della monarchia. Tra l’altro il re Faruq I, esiliato, trovò rifugiò in Italia e visse quasi tutta la sua vita a Roma, dove fu uno dei protagonisti degli anni della dolce vita. Ricambiò così l’ospitalità concessa, pochi anni prima, il 9 maggio del 1946 a Vittorio Emanuele III che, imbarcatosi sul Duca degli Abruzzi, si era ritirato in esilio con la moglie ad Alessandria d’Egitto.

Vogliamo però chiarire due punti, anzi tre. La grazia presidenziale estingue la pena prevista, ma non il reato per cui Patrick è stato processato. Al-Sisi quindi non è tornato indietro sui suoi passi, anzi il messaggio è chiaro: parlando male dell’Egitto potete rischiare il carcere e a quel punto l’unico arbitro sarà il presidente, quale novello Faraone. Il messaggio da leggere tra le righe è rivolto a quella fetta, ormai sempre più larga, di studenti e studentesse che si occupano di diritti umani in Egitto. Inoltre la risoluzione in tempi così rapidi del caso Zaki va vista nell’ottica dell’incontro che si terrà domenica 23 luglio a Roma, la Conferenza internazionale su Sviluppo e Migrazioni, alla quale prenderanno parte capi di Stato, di governo, ministri degli Esteri della regione del Mediterraneo allargato, i vertici dell’Unione europea e delle principali istituzioni finanziarie internazionali. L’Egitto pertanto non può permettersi di presentarsi agli occhi di questa importantissima assise come un paese nemico. Infine il messaggio dell’Italia all’Egitto è che non cercherà mai di interrompere la ricerca di una verità processuale, al momento non perseguibile, per la morte di Giulio Regeni.


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