Pentecoste tra le pagliare di Tione
di Fausto D'Addario | 28 Maggio 2023 @ 05:17 | I LUOGHI DELLO SPIRITO
Pentecoste tra le pagliare di Tione degli Abruzzi. Un paesaggio onirico a più di mille metri. Il silenzio, il verde, la pietra. Il cielo e il profilo del Monte Sirente. Una chiesetta che apre una volta l’anno. Il fuoco e lo Spirito. Questi gli ingredienti di una festa centrale dell’anno in uno dei borghi più piccoli d’Abruzzo.
Ai piedi del Monte Sirente, nei pressi di Tione degli Abruzzi, è rinato da qualche tempo un villaggio di “pagliare”: un antico insediamento fatto di semplici costruzioni in pietra calcarea, di forma quadrata o rettangolare ad uso agricolo, risalenti almeno al Quattrocento e in uso fino agli anni Sessanta. In realtà tutto il paesaggio montano del Centro Italia era punteggiato di villaggi di questo tipo: dalla valle la popolazione risaliva in quota, nella bella stagione, per dedicarsi alla coltivazione di quanto quelle terre potevano donare. Così ci si stabiliva nelle pagliare a due piani: la stanza superiore era il locale adibito alla famiglia, mentre al piano inferiore erano ospitate la stalle per gli animali, utili ai lavori, ma anche, di notte, a riscaldare l’ambiente. La prateria montana che è un tempo era terreno agricolo, oggi è un pascolo per le mucche con spettacolari fioriture primaverili.
Massimo Lelj, nato a Tione degli Abruzzi nel 1883 e morto a Milano nel 1962, nel suo libro “Stagioni al Sirente”, cattura uno spaccato di vita tradizionale di quel mondo contadino ormai scomparso:
“Si diceva la pagliara per indicare quel gruppo di casolari, stalle e pagliai che per sei mesi dell’anno restavano vuoti, chiusi, abbandonati nella distesa solitudine della neve, sull’altipiano, assiderati dal vento, dagli urli del bosco e dei lupi, si tenevano affiancati e stretti aspettando, come fanciulli, che quella lunga notte fosse passata, sognando il ritorno degli uomini e delle stagioni, i lavori, gli animali, gli odori delle fragole e del fieno quando tutti sarebbero giunti lassù, dopo quattro ore di ascensione, preceduti dal sagrestanello, in veste azzurra e cotta, col crocefisso d’argento massiccio…”
Anche a Fontecchio e ad Ofena sono visibili delle pagliare, ma quelle di Tione rappresentano un unicum per lo stato di conservazione del villaggio; gli edifici, oggi, sono per la maggior parte ristrutturati e adibiti a seconde case, alcune anche disponibili per vacanze fuori dal tempo. Un vero e proprio stacco dalla frenesia della città: internet e telefono non hanno campo e gli unici suoni sono quelli della natura. In Abruzzo da tempo si stanno infatti riscoprendo le architetture spontanee, quegli stili che sono frutto della secolare esperienza tramandata dalle popolazioni locali. Rientrano in questo cambito il vecchio abbeveratoio e la chiesa aperta per le celebrazioni della Santissima Trinità, festa che cade la prima domenica dopo Pentecoste. L’anno liturgico infatti cammina con il tempo e con le feste agricole: la Pentecoste, festa dello Spirito Santo, era infatti legata ai raccolti e all’arrivo della bella stagione. Con la Pentecoste la Pasqua raggiunge – dopo 50 giorni – il suo culmine con il ricordo del dono dello Spirito. Tutta la vita dei cristiani si svolge non solo in relazione ai cicli naturali, ma anche sotto il segno dello Spirito che, come era presente al momento della creazione, continua a permeare, contenere e comprendere tutto l’universo. La Pentecoste prende anche il nome di Pasqua rosata o Domenica delle rose, dall’usanza di lanciare dall’alto delle chiese, sui fedeli, petali di rose rosse, a simboleggiare la discesa dello Spirito Santo. A L’Aquila si svolgeva la processione dei rosecci: un gruppo di ragazze portava in processione dei ceri, precedendo un’antica croce che veniva portata per le vie della città; durante tutto il percorso venivano lanciati petali di rose, a ricordo delle lingue di fuoco dello Spirito. L’usanza di lanciare dei petali veniva da Roma, quando il Pantheon fu riconvertito e consacrato all’uso cristiano nel 609 sotto papa Bonifacio IV. Ancora oggi, durante la messa di Pentecoste, dal grande occhio centrale del Pantheon vengono rilasciati – grazie all’aiuto dei vigili del fuoco – migliaia di petali di rose che danzano tra i raggi di luce, fino a coprire il pavimento di un tappeto profumato.
Dopo questo piccolo excursus, torniamo alla nostra piccola chiesa della Trinità. Forse di origine medievale, l’aspetto attuale risale al XVI secolo e si trova circa un chilometro prima di arrivare alle Pagliare di Tione, sul bordo orientale della piana di Iano, per chi viene da Goriano Valli. L’architettura è modesta e l’aspetto appare subito particolare: la facciata è sghemba, perché l’edificio è stato costruito sul declivio del colle. I due corpi di fabbrica addossati alla chiesa erano locali di servizio utilizzati da un eremita. Il piccolo campanile a vela sporge dalla facciata a coronamento orizzontale, il cui unico tocco di colore è dato dal portale lunettato. La lunetta sul portalino rappresenta in stile naif il Padre che benedice con tre dita distese, a simboleggiare la Trinità, poi il Figlio e in alto la colomba dello Spirito; sullo sfondo sono rappresentate la facciata della chiesa e una delle pagliare. La chiesa di norma è chiusa – il terremoto ha fatto il resto – ma tradizionalmente la si potrà trovare aperta tra Pentecoste e la festa della Trinità. In ogni caso ai lati del portale si può sbirciare all’interno tramite due piccole finestre e una semplice apertura circolare in pietra: appare nella penombra un interno semplice e voltato a botte, sembra di trovarsi in una piccola galleria; il pavimento è in cotto, le pareti sono spoglie di decorazioni, se non per lacerti di affreschi; in fondo l’altare appare decorato con motivo di nastro intrecciato, tipico degli altari dedicati alla Madonna.
Se l’architettura della chiesa non è di gran pregio artistico, a ciò, però, rimedia la scenografia disegnata dalla natura, la vera protagonista: la zona è isolata e incantata e tutto l’ambiente intorno alla chiesa merita una bella escursione a piedi o in mountain bike, nel segno di una ecologia integrale. Così si esprime in un recente messaggio il Dicastero per l’Evangelizzazione in occasione della Giornata Mondiale del Turismo 2023:
“Anche la vacanza, dunque, può diventare una provocazione per assumere comportamenti e stili di vita che aiutano a rivolgere di nuovo lo sguardo verso l’Alto, riscoprendo la bontà della fede, la forza della carità e la certezza della speranza. È da qui che ognuno deve ripartire per dare ragione del rispetto della natura, per impegnarsi in un’ecologia integrale”.