Patrick Zaki, cittadino onorario di diversi comuni abruzzesi, rifiuta il volo di stato: è polemica

di Fausto D'Addario | 23 Luglio 2023 @ 05:30 | ATTUALITA'
Patrick Zaki
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Patrick Zaki, cittadino onorario di diversi comuni abruzzesi, è libero e tornerà in Italia, graziato dal presidente egiziano Al-Sisi, alla fine di una tormentata vicenda che assume i contorni di un vero calvario. Sollievo anche per l’abolizione del divieto di viaggio: a mezzogiorno di domenica i documenti saranno pronti e Patrick potrà rientrare a Bologna, passando per l’aeroporto di Milano Malpensa. In serata terrà una conferenza all’Alma Mater, l’ateneo bolognese dove si è recentemente laureato. Ma i tempi del rientro sono slittati: Patrick prenderà per scelta un semplice aereo di linea, rinunciando al volo di stato che gli era stato proposto. L’annuncio lo aveva dato lui stesso su Twitter:

C’è un leggero cambiamento nei piani poiché è venuto alla nostra attenzione che i documenti ufficiali per revocare il divieto di viaggio saranno finalizzati domenica a mezzogiorno. Quindi, dopo dovremo viaggiare per assicurarci che la mia situazione legale sia chiara al 100%.  Stai tranquillo Bologna, arrivo tra un paio di giorni, dobbiamo solo aspettare altri due giorni”.

Anzi, secondo un’indiscrezione, Zaki avrebbe rifiutato ben quattro proposte ufficiali, tra cui il volo di stato e l’accompagnamento diplomatico. Nel suo ruolo di “difensore dei diritti umani, che per natura è indipendente dai governi”, Patrick ha scelto un rientro umile e dimesso: vola alto e libero e scavalca Roma. Una scelta che gli permetterebbe anche di aspettare la sorella e la fidanzata. Se la diplomazia si era messa freneticamente al lavoro per il suo ritorno, questa decisione – che qualcuno ha voluto descrivere come sgarbo o schiaffo – ha creato qualche imbarazzo: niente aereo di stato, quindi nessuna passerella politica, né foto istituzionali di sorta o interviste sotto le luci dei riflettori. Sarà un rientro dimesso e il più veloce possibile verso Bologna, verso quella città e quella università che sono sempre state nel suo cuore. “Adesso sono libero e rilassato. Spero di incontrare i miei amici a bologna nei prossimi giorni”, ha detto in un’intervista, sorridente, ma provato, alle telecamere della Rai. Libera scelta e coerenza, commenta chi è vicino al ricercatore egiziano. Ma arrivano anche le critiche da destra, che non vedono bene questa scelta del giovane studente egiziano. Giorgia Meloni ritiene di essere stata coerente e potrebbe farsi vedere a Milano all’arrivo del volo di linea che porterà Zaki in Italia; per il ministro Antonio Tajani: “a noi interessava liberare Zaki e abbiamo lavorato in questo senso. Poi come vorrà tornare in Italia, tornerà. Gli abbiamo offerto delle possibilità, la scelta è sua”. Il ministro Guido Crosetto commenta: “ci ha fatto risparmiare dei soldi, quindi va bene così”. Per Bruno Vespa: “Nessuno gli ha chiesto di iscriversi a Fratelli d’Italia”, mentre ancora più duro Vittorio Feltri: “Io, Zaki lo avrei lasciato morire in Egitto. Così avrebbe imparato cosa è la gratitudine”. Riccardo Noury di Amnesty International tweetta concisamente: “State cercando di rovinare la festa fino all’ultimo. Ma non ci riuscirete”. Ora Patrick rimarrà due settimane a Bologna, riprenderà i progetti e le ricerche interrotte e poi vedrà “tutte le persone che mi mancano e ho incontrato in Italia”; a settembre il tanto atteso matrimonio in Egitto.

Ci preme però chiarire due punti, anzi tre.

Primo: la grazia presidenziale estingue la pena prevista, ma non il reato per cui Patrick è stato processato. Il messaggio è chiaro: parlando male dell’Egitto potete rischiare il carcere e a quel punto l’unico arbitro sarà il presidente, novello Faraone.

Secondo: la risoluzione in tempi così rapidi del caso Zaki va vista nell’ottica dell’incontro che si terrà domenica 23 luglio a Roma, la Conferenza internazionale su Sviluppo e Migrazioni, alla quale prenderanno parte capi di Stato, di governo, ministri degli Esteri della regione del Mediterraneo allargato, i vertici dell’Unione europea e delle principali istituzioni finanziarie internazionali. L’Egitto, in forte crisi economica, non può permettersi di presentarsi agli occhi di questa importantissima assise come paese nemico. Il paese è una bomba a orologeria: il numero dei migranti egiziani ha superato persino quelli provenienti dall’Afghanistan e dalla Siria. Un dato allarmante, alla luce delle presidenziali che si terranno a breve in Egitto.

Terzo, il messaggio dell’Italia all’Egitto è che non cercherà mai di interrompere la ricerca di una verità processuale, al momento non perseguibile, per la morte di Giulio Regeni.

L’Abruzzo in prima linea per la liberazione di Patrick Zaki

Patrick, sorriso da bravo ragazzo, occhiali tondi e ricci un po’ sbarazzini: il volto del più celebre prigioniero d’Egitto è entrato nella mente e nel cuore degli italiani dal 2020, quando il 7 febbraio di quell’anno venne fermato all’aeroporto del Cairo dalle autorità egiziane. Viene arrestato, torturato – per 24 ore non si sa più nulla di lui – e messo in carcere, dove rimarrà per 22 mesi, quasi due anni, ostaggio di udienze di volta in volta rimandate. Due i motivi di tanto accanimento: nel 2018, anno delle presidenziali egiziane, aveva seguito tutta l’organizzazione della campagna elettorale dell’avvocato Khaled Ali, avversario di Al-Sisi, che fu costretto a ritirarsi a cause delle continue intimidazioni. L’anno successivo Patrick pubblica un articolo sul sito di notizie Daraj, dove raccontava una settimana della sua vita da cristiano egiziano, tra attentati e quotidiani soprusi contro i copti. Attivismo politico e lotta per i diritti umani, questo è stato il pezzo pagato da Patrick.

Fin da subito l’impegno della società civile, prima fra tutti Amnesty International è stato massiccio e anche l’Abruzzo ha fatto la sua parte. Pochi giorni dopo il suo arresto, ci fu una doppia mobilitazione a L’Aquila il 20 febbraio 2020: attivisti e attiviste di Amnesty International sono scesi in piazza di fronte Palazzo Camponeschi – sede del Rettorato dell’Università dell’Aquila – e alla Fontana Luminosa. A Pescara ci fu una mobilitazione il giorno successivo in Piazza della Rinascita. Il movimento “Free Patrick Zaki”, poi, si è esteso come un’onda gialla in tutta Italia; tra i comuni che hanno esposto uno striscione o comunque un simbolo come impegno per la libertà di Patrick ricordiamo Pescara, Chieti, Francavilla e Tollo. L’Università di Teramo espose nella sua sede un pannello con l’immagine di Giulio Regeni che abbraccia Patrick Zaki, con la frase “Questa volta andrà tutto bene!”. Ricordiamo anche l’iniziativa condivisa dalla sezione Abruzzo-Molise di Amnesty con la diffusione dell’hashtag #SundayforPatrick, perché la domenica è il giorno che solitamente si trascorre con familiari e amici e la storia di Patrick ha toccato un po’ tutti. Ad Aielli (Aq) l’artista Maria Angelica Mazzulli aveva realizzato un murale dedicato a Zaki e ora, secondo le parole del sindaco, potrebbe essergli donato. Tante, in tutta Italia, le iniziative per dare la cittadinanza onoraria al giovane ricercatore egiziano, anche da parte di comuni abruzzesi. Una mappa che si è accesa di punti luminosi, tra i comuni più grandi, come Pescara, Chieti e Vasto e più piccoli, come Gagliano Aterno (Aq). Ma non importa quanto siano grandi o piccoli gli enti locali: la difesa dei diritti umani inizia sempre dai piccoli posti.


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