di Emanuela Medoro – Si spogliano i carciofi dalle foglie verdi tagliando anche il torso fino al bianco. Poi con un coltello appuntito e tagliente, si incidono a spirale, partendo dal torso verso le cime, in modo da eliminare tutta la parte coriacea. I carciofi, salati, sono messi a friggere con molto olio: devono galleggiare. Dopo 20 minuti, si tolgono, e si aprono a forma di rosa. Si rimettono in padella nell’olio a fuoco fortissimo per un paio di minuti, e infine si fanno scolare su una teglia bucata, e vengono serviti ben caldi.
E’ spiegato così, sul depliant del ristorante “Giggetto” al Portico d’Ottavia il miracolo di un carciofo servito caldo, tenero, croccante, sbocciato come un fiore. Da esclamare di meraviglia se pensiamo a come di solito vediamo i carciofi sulle nostre tavole, carichi di olio, pan grattato, aglio e prezzemolo. Lo abbiamo mangiato, questo fiore sbocciato, accompagnato da filetto di baccalà dorato, fiore di zucca, e crocchetta di patate, una delizia, dimenticando per una volta i danni del fritto. Non si può vivere per stare a dieta. Qualche strappo si può fare, se vale la pena. In questo caso sì, vale la pena dimenticare per qualche ora colesterolo, pressione alta e tutto quello che ci affligge. E’ un’esperienza culturale, piacevole, a condizione che si abbia una sana e positiva curiosità per modi di fare diversi dal nostro, insomma, che non si vada in giro in cerca del cibo di casa propria.
Il ristorante sopra citato si trova a fianco del Portico d’Ottavia, nel ghetto ebraico di Roma. Lì accanto al Portico, alla sua destra, c’è la lapide che ricorda la deportazione di più di mille ebrei romani fatta dalla barbarie nazista. A sinistra “Giggetto”, una delle più suggestive trattorie romane, fondata da Luigi Ceccarelli nel 1923, e trasmessa attraverso le generazioni fino ad oggi.
Uscendo dal ristorante con un’amica leggevo ad alta voce la ricetta del carciofo, quando un giovanotto bruno di passaggio mi ha sentita ed ha esclamato: “Non ci provare, non ti riesce!” E’ vero, ci sono delle abilità inimitabili, mi piace chiamarle arte.
Belle passeggiate per arrivarci. Da via de Giubbonari, attraverso Piazza Cairoli si entra nel ghetto, vivacissimo di negozi e ristoranti. Camminando lungo la via principale, sulla destra si trovano le scuole ed il centro culturale ebraico, in fondo alla via, il Portico d’Ottavia ed il ristorante. Oppure provenendo dal Teatro Marcello, le rovine terminano al Portico d’Ottavia.
Indimenticabile esperienza romana. Andare da “Giggetto” è riscoprire il gusto della cucina genuina e tradizionale, quella che allieta il palato e solleva lo spirito.