Se le sanzioni internazionali per l’annessione della Crimea non spaventano Putin, un boicottaggio molto più concreto potrebbe far tremare i russi del Mar Nero. Lo sciopero del sesso lanciato da un gruppo di donne e attiviste ucraine, che sta diventando virale su siti e social. Anche grazie a uno slogan che più diretto di così non si può: «Non darla a un russo!». Seguito da un’aggiunta più poetica: un verso tratto da poema ucraino Kateryna di Taras Shevchenko: «Oh adorabili signorine, innamoratevi, ma non dei russi».
A farsi fotografare con le T-shirt dell’iniziativa, il cui logo provocatorio rappresenta due mani unite a formare una figura che assomiglia a una vagina, personaggi influenti come Irina Rubis, Ceo del portale Ekonomika Communication Hub, e Katerina Venzhik, caporedattore del giornale online Delo.ua, che ha anche aperto la pagina Facebook per coinvolgere nuove ribelli. Anche russe, perché «i nostri uomini (ucraini, ndr) sono ancora a casa, ma i vostri sembrano pronti ad andare in guerra».
Sarà più efficace del boicottaggio dei prodotti russi? Di certo ha sollevato un grosso polverone, con siti nazionalisti come Sputnik & Pogrom che hanno insultato le partecipanti chiamandole prostitute. Ma le donne ucraine tengono duro, come avevano fatto il mese scorso alcune giapponesi rifiutandosi di andare a letto con chiunque avesse votato Yōichi Masuzoe (che però è riuscito comunque a diventare Governatore di Tokyo). O come le belghe che nel 2011 rifiutarono di avere rapporti sessuali (e di mangiare patatine fritte) finché non si fosse risolta la crisi di governo: in quel caso andò meglio grazie all’intervento di un politico di origini italiane, Elio Di Rupo, che mise d’accordo fiamminghi e valloni.
E se un simile sciopero ha messo d’accordo persino Sparta e Atene e fatto finire la guerra del Peloponneso quasi 2.500 anni fa (come racconta Aristofane in Lisistrata), chissà che non possa almeno allentare la tensione tra russi e ucraini. Insomma, come dicevano i figli dei fiori: «Fate l’amore, non la guerra».
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