Monuments men, gli uomini che scovano e tutelano alberi secolari e foreste vetuste

di Alessio Ludovici | 03 Gennaio 2023 @ 06:31 | AMBIENTE
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L’AQUILA – “La linea del Piave della tutela forestale”, sono gli alberi monumentali e le foreste vetuste.  Se cadono loro vuol dire che non c’è più nulla da tutelare. A definirli così è Alessandro Cerofolini, ex forestale, ora direttore della Difor IV, l’unità della Dg Foreste del Ministero dell’Agricoltura che si occupa della loro tutela. 

E’ lui, con i suoi 11 collaboratori e i venti referenti regionali, a dare “la caccia” agli alberi monumentali del paese, “patriarchi della patria, testimoni della nostra storia”. “Undici ex forestali”, non a caso perché proprio i forestali avevano cominciato a tenere un albo nazionale. E alla guida della Dg Foreste c’è Alessandra Stefani, l’ultima vice capo del Cfs. Con il referente per l’Abruzzo, del Servizio Parchi e Foreste della Regione, faremo un focus sulla tutela forestale nei prossimi giorni.

E’ la legge, la 10 del 2013 a dettare le norme fondamentale per la la tutela degli alberi monumentali. Insieme al decreto attuativo 23 ottobre 2014, si è andati a costruire un quadro unitario di tutela rispetto alla frastagliata legislazione regionale. Alberi, o gruppi di alberi, e ora anche foreste vetuste, a cui la legge garantisce la massima tutela, ne vieta l’abbattimento nonché le modifiche dei relativi apparati: “Qualsiasi intervento sugli alberi monumentali va autorizzato da noi, il nostro è un parere obbligatorio e vincolante“.
Le sanzioni sono severe, il danneggiamento e gli abbattimenti non autorizzati prevedono ammende tra i 5.000 e i 100.000 euro.

“Un albero monumentale è tipicamente un esemplare maestoso e vetusto, che rispecchia i criteri della monumentalità”. C’è un disciplinare tecnico che stabilisce i criteri per il riconoscimento: “Sono diversi, innanzitutto l’età e le dimensioni, ma un esemplare monumentale può anche essere indipendente da questi elementi. Può avere una forma particolare o un valore ecologico o essere una rarità botanica. Il pregio, ad esempio, può essere legato anche alle chiome. E poi c’è l’aspetto umano, il suo valore religioso, culturale e simbolico per la comunità.”

In Italia sono 4006 e sono tutti georeferenziati: “Sono tutti iscritti nell’elenco ufficiale che teniamo e aggiorniamo annualmente”. Da aggiornare in ingresso perché nuovi esemplari vengono trovati, o in uscita perché tra i censiti c’è chi muore, per incuria, per naturale evoluzione, per i danni dell’uomo o di incendi e altre calamità.

“Tutti possono segnalarci alberi meritevoli di tutela, cittadini o i proprietari, che siano pubblici o privati”. L’istruttoria di per sé da luogo a una tutela temporanea in attesa della decisione finale. “Gli alberi più alti d’Italia sono un platano di 56metri, una sequoia sempreverde di 75 metri. I più vecchi sono un olivastro in provincia di Olbia o un castagno a sant’Alfio entrambi con migliaia di anni sulle radici.”

La tutela non è semplice, per questo è fondamentale il ruolo di ministro e regioni, “e la collaborazione con l’Abruzzo – spiega Cerofolini – è molto positiva”. Non è semplice per tanti motivi, non ultima la scarsa sensibilità da parte di privati e amministrazioni che vedono in un albero vecchio solo un problema e non un valore.  E ci sono i costi di tempo e denari che, soprattutto per gli enti più piccoli o per quelli molto grandi e disorganizzati, possono essere un grande ostacolo. Hanno bisogno di manutenzione particolare, sempre autorizzata dal Ministero, e di accorgimenti particolari, ad esempio le recinzioni per la larghezza della chioma.

Eppure difendere questi alberi non è solo un fatto simbolico. Tutt’altro. Il loro valore storico ed educativo è indubbio. La loro funzione ecologica lo è ancora di più. Si pensi al caso dei boschi vetusti. Gli ultimi arrivati, con il Tuff, nel regime di tutela forestale. “Li stiamo censendo,  siamo a quota 166, quasi tutti nelle aree protette del paese, più 12 faggete vetuste già sottoposte a tutela dell’Unesco” che però è per lo più di natura estetica.

I boschi vetusti, che per essere tali devono avere una dimensioni di almeno 10 ettari, hanno un valore ecologico primario, qualcosa di molto simile a quelle che sono, o erano ormai, le foreste vergini o primarie: “Un bosco, misto, in cui sono presenti tutti gli stadi della vita dell’albero, dalle piccole piantine agli esemplari più vetusti”.

Alberi giovani e anziani, più alti e meno, dove quando un albero muore diventa nutrimento e fa spazio alla crescita dei più giovani. E’ in questo contesto, nel superorganismo chiamato bosco, che gli alberi danno il meglio di loro, in termini ecososistemici e climatici, di tutela dell’aria, dell’acqua e della terra: nulla di paragonabile al verde attrezzato. Tanti alberi e alberelli, magari piazzati qui e la da chi non sa nulla di alberi, non fanno una foresta. Gli alberi monumentali e le foreste vetuste possono guidarci sulla strada giusta. 


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