di Emanuela Medoro – Incomincio queste cronache della settimana appena trascorsa con un comunicato della English School of L’Aquila, oramai da decenni parte integrante della vita cittadina, diramato su Facebook da Marion Cadman, traducendo dal suo bellissimo inglese: Salve a tutti, a Londra durante la guerra il teatro Windmill orgogliosamente vantava: Noi non chiudiamo mai … Sfortunatamente non siamo più come il Windmill, ed ebbene sì, abbiamo chiuso (We did close) per sei lunghi giorni. Ma oggi siamo aperti e la settimana prossima vogliamo recuperare (we intend to make up) le lezioni perdute. A presto, Marion. In città e dintorni scuole statali ed uffici pubblici chiusi per neve, attivi tutti i servizi di rimozione della neve lungo le strade principali.
Insomma a L’Aquila abbiamo vissuto una settimana peggiore della vita a Londra durante la guerra, a parte i bombardamenti ed i razzi di Hitler. La nostra settimana bianca è cominciata con una nube bassa che avvolgeva tutto l’universo visibile, aveva l’aspetto di un nebbione denso, osservando da vicino ci accorgevamo che era formata da fiocchetti piccolissimi e fitti che, muovendosi a folate da est verso ovest, implacabili e silenziosi si posavano e imbiancavano tutto. Inquietante, quasi minacciosa quella nube, sembrava voler seppellire tutto quello che il sisma aveva lasciato in piedi. La città è rimasta isolata per 50 ore, le principali vie di comunicazione bloccate. Le conseguenze dell’insolito accanirsi degli agenti atmosferici sono state aggravate in città dalla situazione post sisma. Infatti il centro storico più o meno aperto al passaggio pedonale ed in lenta ripresa, l’estensione largamente cresciuta del territorio comunale per gli insediamenti “provvisori” del dopo sisma, le cosiddette new towns, hanno reso difficile, particolarmente impegnativo e gravoso l’intervento dei mezzi spargisale e di rimozione della neve sulle vie cittadine.
Il sindaco, la protezione civile e tutti gli agenti operatori del settore hanno raccomandato ai cittadini di uscire di casa solo in casi di estrema necessità. Dunque reclusione collettiva, superata dalla socializzazione virtuale di Facebook. Foto/documento immediatamente pubblicate e scambiate fra amici, ne ricordo una, in particolare. Pratico lo sci di fondo da parecchi anni, con scarsa o nulla tecnica ma con grande divertimento, dunque ho avuto un raptus di gelosia quando ho visto su Facebook la foto presa di sera, era venerdì o sabato, di due giovani con gli sci ai piedi per il Corso Vittorio Emanuele, lungo i portici, che ragazzata memorabile!
Il sabato mattina, durante una breve pausa delle nevicate, uscii per andare al più vicino supermercato per qualche rifornimento. Banchi poco forniti, una lunghissima fila di gente alle casse, in ordine, in un’atmosfera generale di gioia nel rivedersi, come se fossimo scampati ad una catastrofe. I discorsi che si sentivano andavano da quelli di giovani felici di poter andare a sciare, a quelli della gente che faticava a spalare. Molti cercavano qualcuno o qualcosa cui attribuire la causa dell’evento straordinario, usando nozioni meteo più o meno corrette, ed anche stravaganti congetture sulla congiuntura astrale o umana causa di questi eventi eccezionali, arrivando a scomodare persino la profezia dei Maya riguardo alla fine del mondo. Però devo dire che ho visto anche tanta gente al lavoro per liberare dalla neve ingressi di case, vialetti e macchine.
Ieri, giovedì 9 febbraio, stupenda giornata serena, sole senza un alito di vento, le strade pulite e percorribili, la luce azzurrina ed abbagliante ci ricorda che il sole splende ancora, la catena di monti intorno alla città è di un biancore insolito, intenso, bellissimo a vedersi dalla città. In attesa della prossima ondata glaciale da nord, la natura ci offre uno spettacolo naturale affascinante, a consolazione dei disagi. Venerdì 10, nevica di nuovo, la nostra settimana bianca si prolunga.