Luisa Nardecchia: L’Esame, un racconto dell’era pre-sisma
di Redazione | 18 Giugno 2013 @ 00:00 | L'ELZEVIRO
Entri.Respiro profondo.Annusa… Lo riconosci quest’odore?E’ polvere, è marmo, è carta vecchia.
Ma hopiù del doppio degli anni di allora, “ora”.
E vibracaldo, morbido,dice che èfinito il tempo della paura.
Non come allora, selvaggio e feroceora è dolce, profondoè una nota di un saxè il tuo blues che vibra… piano, dolce.
E invece io oraPOSSO PECCARE.Posso seguire o non seguire, dare o non dare l’esame, studiare o non studiare…Tutto ruota unicamente intorno al mio palato sopraffino.Scelgo libri e giorni e cose da fare come abiti e scarpeda un magnifico guardarobaa mia completa disposizione.
ADESSOperché adesso ho più del doppio degli anni di allorae il mio nome è Nemesi, vendetta.… Meraviglioso…
Posso sentire l’adrenalina sulla loro pelle,il cuore che batte, i risolini isterici che nascondono inutilmente la paura.Ti ho fottuto, mondo bastardo,e mi riprendo quello che mi è stato rubato.Nemesi, vendetta.
Li guardi: sono proprio le stesse facce da schiaffi di allora, si assomigliano, addirittura. La saputa, la matricola, il timido, la tizia con la scollatura generosa, l’alternativo con i polsini borchiati, l’intellettuale. Proprio le orribili facce da schiaffi di allora. Allora ti facevi da parte, da un lato, non ti piacevano,stavi alla larga. Ora ridi. Socializzi.Parli. Vuoi sfidare,vuoi provare.Voglio provare il ritmo nuovo del cuore che non batte di paura ma di vita.Ho tutte le risposte.Ma non quelle da dare all’esame chi se ne frega di quelle ho tutte le risposte che allora non sapevo dare e tutte quelle risposte ora ce l’ho a portata di manoin un bel pacchetto prepagato comprato col sudore, con la sofferenza sì, quelle risposte le ho tutte ben in tasca….
Purezza, fragilità, delicato sentire.Preservare tutto questodifenderlo dai modi zotici e aggressivi della teppaglia.Quel gesto sono io, più di vent’anni fa.Vendetta. Nemesi.
Loro non sentono la musica che viene dalle sue scarpe…
Lui non sa che io sono Nèmesi,non sa che oggi sarò Nèmesi anche per lui,
sì, sono l’angelo vendicatore venuto dal futuro per aiutarti,cucciolo sperduto, sono l’angelo vendicatore,era scritto che io fossi qui per te, oggi,venuta dal futuro per te, per aiutarti.C’era una ragione per tutta questa follia,ed eri tu oggi, ecco,TU SEI LA MIA RAGIONE.
Ma certo, cucciolo.
Vieni, ci penso io a te.Non fa niente se non hai studiatonon fa niente se non hai fatto la tesina.Non fa niente se non hai neanche la penna.Vieni, non c’è niente da temere.Io non ho mai avuto nessuno che melo dicesse, allora io non ho avuto un angelo vendicatoreche venisse dal futuro per mevieni, non aspettare il prossimo appello.Ci sono qua io, ci penserò io, a te.
Ma che fa? Spunta le rispostecon cadenza perfetta:tac, tac, tacTAC, TAC, TAC…
Quante devi vederne ancora, donnache pensi di essere vecchiae di averle già passate tuttequante ancora ne devono succedereperché tu ti avvicini al Grande Segreto, e ascoltache melodia, ascolta, ascoltacome si muove piano, come un gattoocchi di animale sperduto.Il suo passo è ritmo sull’onda del bluesche canta dentro di te, come una sinfonia antica, profondadentro di te, l’eterno ritornoe l’acqua che non è mai uguale…
Rido tra me,dio quanto rido,non riesco proprio a smettere.
“Certo che sì –sussurri-non ne so almeno una decina… dimmene qualcuna…”. Capisce al volo quello che ti serve e te lo regala. Si ricorda l’ordine delle domande, tu gli dici il numero e lui ti dice la lettera: tu dici “15” e lui dice “A” tu dici “36” e lui “D”…. L’operazione non sfugge agli occhi antipatici delle secchione che l’avevano schifato all’ingresso. In particolare quella con la scollatura procace è stizzita e contrariata, si starà rodendo all’idea di aver sbagliato ad esibire la scollatura.
Ah, Nèmesi, quanto devi aspettare ancora! Vita, sei musica. Come febbre, come fuoco, come Nemesi che ritorna. E ogni volta che penso di essere arrivata lei mi butta giù di nuovo, nella mischia, a combattere.
Riccioli biondi danzano verso la cattedra per la consegna, morbidi e silenziosi, e lui se ne va, così come era arrivato. Ti passa vicino, alito di vento, lanciandoti uno sguardo complice, lo senti che ti trafigge, con quello sguardo, lui, passo felpato, mistero. E finisci il tuo test ridendo: le tue mani ridono i tuoi piedi ridono e se la felicità esiste, tu ora sei felice, perché sei vecchia sì, ma se avessi avuto vent’anni come allora, non avresti potuto sentire la sua musica, e non avresti potuto danzare il tuo blues, oggi. Saresti sorda e cieca come tanti, giovani e vecchi ciechi e sordi. Assapori quell’apparizione come un miracolo, e ti chiedi chissà dove sarà ora, chissà dove, chissà…
Apri la porta e lui è lì, seduto sulle scale. Ginocchia abbracciate, sorriso, occhi che nuotano in un cielo felino. Vuole sapere come ti è andata. Lo guardi, annuisci, accenni di sì, sì, sì e ancora sì. “Benissimo –dico-il mio esame è finito. E’ stato un esame molto, molto importante”. Lui ti guarda con aria interrogativa..“ Che strana bella signora”, dice tra sé.
Ah, sapessi, cucciolo, che mistero questa musica, questa danza che sento nel petto, sapessi come si migliora crescendo, come non si soffrono più le pene dei tuoi giorni, quelli che i sordi e i ciechi chiamano “giorni spensierati”. Sapessi quanto si gode, invecchiando, sapessi come tutto si sente più nitido e forte…
Addio, Nèmesi. L’esame è finito. La vera vendetta è vivere.