Liquidità alle imprese e Ue, quel comma che preoccupa nel decreto del governo
di Marco Signori | 11 Aprile 2020 @ 07:30 | ATTUALITA'L’AQUILA – C’è un comma, nel primo articolo del decreto Liquidità contenente le misure di accesso al credito per le imprese, che ha fatto raggelare il mondo produttivo aquilano. È quello che subordina la sua efficacia “all’approvazione della Commissione Europea ai sensi dell’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Ue”.
Un film già visto per le imprese del cratere del terremoto 2009, che ancora oggi combattono la battaglia per la restituzione delle tasse sospese nel periodo successivo al sisma.
Nel 2011 la legge di bilancio abbassò al 40% la percentuale da restituire ma la decisione non fu comunicata alla Commissione europea che ha considerato quel provvedimento un aiuto di Stato. Di conseguenza è partita la procedura di infrazione europea con richiesta alle aziende di restituzione del 100% delle tasse sospese, e questo dopo 10 anni.
“Spero non finisca come allora”, dice a chiare note Massimiliano Mari Fiamma, segretario generale di Apindustria, che bolla come “insufficiente e non calibrato su questa emergenza” il decreto con cui il governo ha previsto per le imprese accesso al credito con garanzia da parte dello Stato.
Di fatto, fa osservare a L’Aquila Blog, “chi ha continuato a lavorare potendo rimanere aperto può trarre giovamento dalle misure adottate perché può accedere a un finanziamento a tasso zero, però l’istruttoria bancaria rimane, non è che i soldi si diano proprio a chiunque”.
“Se, ad esempio, al 31 dicembre scorso avevi un problema, che magari nel frattempo hai anche risolto, non hai possibilità di accedere al credito bancario – spiega Mari Fiamma . Poi ci sono vari parametri che la banca prende in considerazione, anche perché esistono regolamenti a cui deve attenersi. Il decreto ha inoltre introdotto nuovi parametri che le banche devono rispettare, che finiscono per rendere questa misura meno efficace di quelle già esistenti”.
In altre parole, chiarisce il segretario dell’Apindustria, per un’impresa è più semplice rivolgersi a un qualsiasi Confidi, che garantisce fino all’80 per cento. Insomma, “un’impresa sana che è considerata seria dal sistema bancario, otterrebbe il finanziamento anche senza la garanzia dello Stato”.
“Se, al contrario, non è solvibile, non viene finanziata neanche con la garanzia dello Stato”, afferma Mari Fiamma.
Una misura, quella della garanzia per l’accesso al credito da parte delle imprese, sulla quale comunque incombe il giudizio dell’Europa. “Come accadde per il terremoto, un’altra volta lo Stato ha emanato un decreto senza l’avallo dell’Ue”, fa osservare il segretario di Apindustria, “spero stavolta lo abbia comunicato, ma in ogni caso l’Europa non ha ancora detto se va bene o no. E se un domani dà parere negativo, le banche chiederanno indietro gli interessi sui prestiti accordati?”.
A chi fa superficialmente osservare che le imprese che non ce la fanno da sole erano già decotte prima dell’emergenza, Mari Fiamma fa notare come, da un lato, si stia uscendo da anni di crisi ai quali, in Abruzzo, si sono sommati gli eventi sismici del 2009 e del 2016 e 2017, dall’altro come, alla fine, “l’impresa funge sempre da stato sociale, considerando che, ad esempio, lo Stato non sostiene il lavoro avendo bloccato i licenziamenti, costringendo di fatto le aziende a farsi carico di lavoratori che non può permettersi di mantenere o che, a causa di chiusura dell’attività, non può continuare a stipendiare”.
Inoltre, fa infine osservare il segretario dell’Apindustria, “in Italia non c’è un normale strumento che tuteli i fornitori, come negli altri paesi. Un problema annoso, mai risolto perché in Italia il primo che non paga è proprio lo Stato. Perciò il sistema utilizza gli assegni post-datati, nonostante sarebbero vietati dalla legge. Generando un’economia che si sostiene solo se non si interrompe”.