di Marianna Gianforte – «Caro direttore, le scrivo spinto dal terrore che L’Aquila sia destinata a morire, tra l’indifferenza politica e la malcelata insopportazione nei nostri confronti che si respira, ultimamente, in tutte le istituzioni dello Stato». Si sposta sulle colonne dei giornali, il Corriere della Sera in questo caso, la battaglia del sindaco Massimo Cialente, per ottenere attenzione istituzionale, finanziamenti e aiuti per la città ferita da ricostruire.La lettera-appello al Corsera e al suo direttore, Ferruccio De Bortoli, Cialente la meditava da tempo, così come l’altra, più «piccata e per niente gentile, ma molto personale», scritta e probabilmente già inviata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella quale ha voluto dire «le cose come stanno» all’indomani del rinvio dentro a un plico della fascia tricolore da sindaco, restituita al Quirinale tre settimane fa.
LA LETTERA. «A quattro anni dal terremoto che ha cancellato i luoghi della nostra identità – scrive il sindaco al Corsera – ci ritroviamo senza fondi per la ricostruzione. Non è finanziato il futuro dell’Aquila. Il cantiere più grande d’Europa continua a reggersi sulle sue impalcature mettendo gli operai in cassa integrazione e lasciando le famiglie, a migliaia, parcheggiate nelle case di Berlusconi o negli alberghi». «Ci servono – prosegue – ancora 7 miliardi per la città dell’ Aquila e quattro per i 56 Comuni del cratere sismico. Non tutti insieme, ma diluiti nei prossimi anni, quelli sanciti nel cronoprogramma della ricostruzione, coraggioso programma che dice agli aquilani quando potranno rientrare nelle loro case da qui al 2018».Risorse «che si possono reperire con il meccanismo del mutuo venticinquennale con la Cassa depositi e prestiti: 60 milioni l’anno per ciascun miliardo. Si può fare. Così com’é stato fatto dal governo Monti per i nostri fratelli dell’Emilia, ai quali sono stati erogati 10 miliardi».
E qui Cialente soppesa bene le parole, denunciando un trattamento diverso tra “i due terremoti”: quello dell’Aquila rispetto a quello dell’Emilia. «Mentre io oggi, con 20mila sfollati ancora sulle spalle, ho restituito la fascia tricolore nella speranza vana che qualcuno si degni di considerare il peso della nostra tragedia, Vasco Errani può affermare che nelle sue contrade sarà ricostruito tutto fino all’ultimo euro». «Se necessario – torna a proporre il sindaco – chiederei al Paese di accettare l’idea di una piccola tassa di scopo».«Con i finanziamenti finora ricevuti abbiamo riparato 15mila unità immobiliari delle periferie – continua Cialente – abbiamo speso 2,2 miliardi. La nostra è la ricostruzione che costa meno al metro quadro. Con gli ultimi finanziamenti, 980 milioni per il 2013/2015, cominceremo anche ad aggredire una porzione piccolissima del centro storico, con i suoi 400 ettari tra i più estesi d’Italia».
«E poi? – domanda il sindaco – Cosa ne sarà del capoluogo abruzzese, seconda città d’Italia per numero di edifici vincolati dal ministero dei Beni culturali, testimonianza autentica di una città medievale dove la qualità della vita è sempre stta impagabile?».Cialente si rivolge al Paese, al quale fa un appello: «Capirà che la ricostruzione dell’Aquila rientra tra le priorità nazionali? E che, se la ricostruzione della nostra città partisse insieme a quella dell’Emilia avremmo un effetto positivo sul Pil, dando ossigeno a imprese e aziende? Abbiamo avuto tanta pazienza. Oggi siamo allo sbando. Senza casa, senza lavoro, senza prospettive per il futuro. Sospesi. Non meritiamo di essere lasciati soli, per la dignità che abbiamo mostrato, il coraggio, gli sforzi che abbiamo compiuto e stiamo compiendo, schiacciati da una vicenda più grande di noi». «Non abbandonate L’Aquila e il suo territorio – è l’appello finale -. Ricostruire il capoluogo d’Abruzzo, oltre che un dovere per l’Italia, dovrebbe essere motivo d’orgoglio nazionale di fronte al mondo intero. L’Aquila non può e non deve morire».