Dove è sancito, e da chi, che pretendere trasparenza, in una città dove l’opacità dell’operare è prassi, significa essere contro L’Aquila e gli aquilani?
Il problema vero è che dimentichiamo (rimuoviamo) ciò che non ci fa comodo ricordare, almeno per far tesoro degli errori e degli orrori passati.
Dimentichiamo la reale gestione dello smantellamento di quello che fu definito, con una buona dose di ipocrisia, il “polo elettronico”?
Già passato nel dimenticatoio le bieche strumentalizzazioni, le salite sui tetti dei capannoni e le sfilate in camice alla perdonanza? O le visite della “speranza” dei ministri Bersani e Letta, con relativi impegni a soluzioni mai venute?
Fate come volete, cari concittadini, io non dimentico; e soprattutto non dimentico le dolorose vicissitudini alle quali furono costretti i lavoratori aquilani a seguito di vicende che ripropongono cliché di un funesto passato.
All’Aquila scotta ancora la vicenda del calzaturificio: furto storico di quattrini pubblici e violenza alla dignità dei lavoratori e della città.
Vanno chieste ai signori benefattori di Accord Phoenix garanzie non cartacee, ma il deposito di una somma pari a quella che si vuole lucrare dallo stato. Almeno 20 milioni, interamente versati. Punto. Soldi, non cartacce.
D’altra parte un imprenditore vero, che crede nel suo progetto, decide di investire e basta.
Se le leggi consentono di accedere al contributo in conto capitale, si tratta di un aiuto a rendere più credibile e produttivo l’investimento, e le riuscita dell’intrapresa.
In qualsiasi manuale di economia aziendale si può leggere che una attività finanziata con il solo contributo pubblico e con il ricorso all’indebitamento, non dà alcuna certezza o stabilità per il futuro.
Fino a questo momento, oltre alle chiacchiere della politica, di “ certo, liquido ed esigibile” vi sono le sole risorse pubbliche.
Mi domando: di questa vicenda, cosa ne pensa la POLITICA regionale e nazionale? E la magistratura, e i sindacati, e le istituzioni nostrane?
O forse L’Aquila è piena di don Abbondio, in fatto di coraggio?, o si pensa, ancora, una volta fatto l’affare, di prenderne fetta?
Vogliamo ricordare che i lavoratori ex Calzaturificio furono riassorbiti, con squilli di trombe e chiarine, dalla A.D.A., società (fallita poco dopo) che secondo il partito (DS) avrebbe dovuto rilanciare il polo elettronico costruendo animatroni per un parco gioco (mai esistito) in Thailandia?
Io credo che su questi delicati aspetti bisogna dare risposte serie e vere; ancora scotta la ferita del colossale imbroglio del Calzaturificio e di ADA, consumato nel silenzio e nell’ignavia della politica locale. Agli aquilani, alla nostra comunità depredata dal terremoto e da coloro che del terremoto hanno gestito le risorse, vanno restituite la verità e la speranza di un futuro senza imbrogli né imbroglioni.
Ce ne sono stati troppi, antichi e recenti!
di Antonio Di Giandomenico, Cittadino senza città