Una querelle istituzionale senza fine quella tra il sindaco Massimo Cialente e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che questa mattina ha rispedito la fascia al primo cittadino “ribelle”, impacchettata e accompagnata da una lettera, a detta di Cialente, niente affatto gentile. A tre settimane dall’inizio della singolare protesta con cui il sindaco ammainò il tricolore da tutte le sedi comunali e dalle scuole riportando la fascia al Quirinale urlando che “L’Aquila è stata dimenticata dal Governo”, Napolitano ha fatto il gesto più eloquente di qualsiasi discorso.
«Questa mattina mi è stata recapitata una lettera del prefetto con un pacco – racconta Cialente -. La lettera mi annunciava che si trattava della fascia rinviata da Napolitano e mi viene sottolineato che c’è un grande “rammarico”, modo informale per dirmi che stanno molto arrabbiati nei miei confronti, da parte della Presidenza della Repubblica. Oggi scriverò una lettera personale al presidente della Repubblica – continua Cialente – ma la fascia non la ndosserò in questa fase. Eviterò di rimandarla di nuovo indietro perché mancherei di rispetto a Napolitano».
EMENDAMENTI BOCCIATI E CITTA’ “ABBANDONATA”. CIALENTE PENSA A NUOVA MOBILITAZIONE. Cialente pensa a una nuova manifestazione a Roma. Dopo la bocciatura degli emendamenti “salva L’Aquila” in Commissione Bilancio al Senato mercoledì sera, per il sindaco, a meno che non avvenga «un miracolo», soltanto una nuova manifestazione di massa a Roma potrebbe dare qualche risultato diverso dallo stallo in cui si trova la ricostruzione. È amareggiato Cialente, che continua a sentirsi «lasciato da solo» dal Governo, il quale non solo ha respinto le modifiche al decreto Emergenza proposte dal Partito democratico (gli articoli 7 e 8, che riguardano il sisma aquilano), «ma non si è presentato in Commissione e quindi non ha voluto ascoltare il perché di quegli emendamenti». Mentre ancora è in alto mare l’altro fronte del “combattimento”: quello per ottenere il miliardo e 4 milioni per far partire subito i cantieri all’Aquila. Miliardo che sarebbe stato «accantonato», ha chiarito Cialente. In sostanza, il Governo sta prendendo tempo. «All’Aquila sta per esplodere una bomba sociale – ha aggiunto -. I soldi che chiediamo ci servono anche per aiutare intere famiglie che dormono in macchina e alle quali viene tagliata la corrente. Sono tutte a carico del Comune, ultime “vittime” del terremoto». La cartuccia che Cialente si tiene ancora in tasca e da sparare per ultima è quella di una manifestazione nella capitale: «O riscoprono L’Aquila, o menano di nuovo agli aquilani a Roma». E questa volta il sindaco sente di poter contare molto più che in passato, anche sui giovani: «Sto vedendo, in questo senso, che i giovani sono molto più organizzati di prima: faremo affidamento sulla loro energia per avere una risposta alla nostra emergenza». Anche dall’opposizione in consiglio comunale arriva un invito per cercare di smuovere i palazzi romani a fare gesti concreti per la città, mentre il tempo passa e l’autunno si avvicina e sarà difficile avviare i cantieri. Al di là della denuncia allo Stato con un ricorso alla Corte costituzionale per il mancato stanziamento dei soldi per la ricostruzione, Emanuele Imprudente (L’Aquila città aperta) ha proposto che «tutti i 21 parlamentari abruzzesi costituiscano costruire una linea comune, con una tregua tra le forze politiche cittadine e regionali per ricostruire il cratere sismico». Ma l’errore, per Imprudente, è sempre quel peccato originale: «Avere chiesto e ottenuto la fine dell’emergenza».