In merito alle polemiche suscitate dal futuro dell’Accademia dell’Immagine pubblichiamo la nota di Goffredo Palmerini in merito all’editoriale L’Aquila o L’Accademia dell’Immaginario:
Ho letto il tuo articolo sull’Accademia dell’Immagine. Ho un’idea diversa sulla vicenda, ma questo non è un problema. Quel che voglio amichevolmente precisare è quanto asserito in questo capoverso del tuo articolo: «Un ente che- sostengono impunemente- ha sfornato numerosi professionisti che oggi lavorano con successo nel cinema”, pare che non bastino neanche le dita dei piedi per contarli. Non avendo altro, ci ricordano sempre del solito fonico «di recente premiato con il David di Donatello Alessandro Palmerini». Peraltro figlio di uno degli storici amministratori dell’Accademia e immediatamente assunto nell’Accademia stessa dopo il diploma. Io non sono uno storico amministratore dell’Accademia, non lo sono mai stato. Sono stato e sono dal luglio 2000 uno degli amministratori dell’Istituto Cinematografico dell’Aquila, che è un ente a sé, diverso e distinto dall’Accademia dell’Immagine, Dell’Accademia l’Istituto è socio – insieme a Regione, Provincia e Comune dell’Aquila – presente con un suo rappresentante nell’Assemblea e nel CdA dell’Accademia. Alessandro Palmerini, mio figlio, non è stato mai dipendente dell’Accademia. Ha solo tenuto, mi pare in due anni accademici, un breve corso di lezioni di 12 ore/annue di “Suono in presa diretta” con un compenso di alcune centinaia di euro. Fu con insistenza chiamato a tenerle – lui ex allievo – forse come simbolo e per la stima che s’era guadagnata nel settore professionale con il suo talento, all’epoca riconosciuto già da nomination, un Premio Aits e un Ciak d’oro. […]
Goffredo
PS – Ne ho viste molte nella mia vita, nella nostra città, in tanti anni. Permettimi di confidarti che questa vicenda intorno all’Accademia dell’Immagine mi ricorda tanto quella che visse il glorioso Teatro Stabile dell’Aquila, intorno alla metà degli anni ’80. Fu comunque salvato, da una classe politica certamente più qualificata dell’attuale, dopo che si era scatenata una campagna che non mi pare molto diversa – mutatis mutandis – dall’attuale per l’Accademia. L’Aquila, in certi momenti, sembra carnefice di se stessa, sotto un raptus da cupio dissolvi.In quel caso il glorioso Teatro Stabile dell’Aquila, quello dove avevano operato Antonio Calenda, Carmelo Bene, Aldo Trionfo – insomma quello delle sperimentazioni più avanzate che l’avevano reso unico in Italia – con l’uscita di scena di Luciano Fabiani ed Errico Centofanti (due dei tre fondatori, Giampaola era morto nel 1979), diventò quello attuale. Un’altra cosa, niente di paragonabile con il TSA 1963-1984.