di Fulgenzio Ciccozzi – Lo scorso dicembre 2012 è stato inaugurato il ristrutturato palazzetto dei Nobili, un piccolo gioiello del Seicento un tempo sede della camera aquilana. L’edificio è immerso nelle miserie di una città devastata. Lo sguardo curioso di un qualsiasi visitatore, anche poco attento, non può che essere attirato dal portale rinascimentale (1514) che si affaccia su via Persichetti. Tale breve percorso, un tempo inesistente, è sorto dopo la scomparsa Via Forcella, ora chiusa da una struttura edile longilinea inserita tra palazzo Camponeschi e la chiesa dei “Gesuiti”, che ne anticipava la funzione viaria.
Il fabbricato vicino, Palazzo “Madama” Margherita, fino a quattro anni fa ospitava il municipio aquilano. La parte primordiale dell’edificio risale al Cinquecento, poi fu ricostruito a metà Ottocento e inizialmente adibito come sede degli uffici giudiziari. Al centro della prospiciente piazza è stata posizionata una ottocentesca fontana ottagonale costruita in pietra calcarea bianca locale. La fonte era precedentemente sistemata a piazza Palazzo e occupava il posto ora presieduto dalla statua di Sallustio. Il palazzo Pica Alfieri, dal ’60 fino al 6 aprile sede della storica libreria Colacchi, si contrappone al palazzo dei Nobili dinanzi al quale si erge la statua del sovrano spagnolo Carlo II. La figura del monarca, che indossa un “marmoreo” vestito inghirlandato d’epoca, appare con il volto deturpato e il braccio destro monco. Sul re ispanico, al quale il paese di origine pare non aver dedicato monumento alcuno, è diffuso un curioso quanto ironico aforisma che recita quanto segue: “Carlo, re di Spagna, secondo di nome, ma di fatto a nessuno”.
Questo piccolo angolo della città, centro del potere attraverso il quale si esprimeva quella che fu l’aristocrazia aquilana, rappresentava il volto “squisitamente” laico della stessa, che si integrava non senza conflittualità con la più popolana piazza del Mercato, ai piedi della quale è stato edificato il Duomo: presidio canonico del capoluogo abruzzese. A mezzogiorno, le panchine di questa piazza e gli argini in pietra dei suoi fontanili offrono un comodo scranno alle maestranze che si concedono un attimo di pausa. Ma, torniamo a piazza Palazzo, e precisamente nel punto in cui inizia via delle Aquile, a qualche metro dalla vecchia sede della libreria Ferri. E’opportuno fare una piccola considerazione che serve a disvelare una curiosità che ci aiuta a capire meglio la sua storia. Accanto alla trecentesca torre civica, il sottosuolo potrebbe nascondere degli spazi che avrebbero potuto ospitare carcerati. Non dimentichiamo che l’attigua piazza era il luogo preposto alle esecuzioni capitali. Chissà se gli scavi per la sistemazione dei sottoservizi ci riserveranno delle sorprese riportando alla luce quanto il tempo e la memoria hanno nascosto!
Tra le rare luci e le molteplici ombre del “Centro Storico”, ogni tanto si formano gruppetti di turisti o di gente al seguito dei “vip” di turno che periodicamente vengono a passeggiare su queste strade solitarie. L’elezioni alle porte sono una ghiotta occasione che solo alcuni politici pare non amano cogliere. Tali noti personaggi spendono parole di rammarico, di costernazione e a volte di circostanza nei confronti di una città piegata dall’evento sismico del 2009. Sono comunque note che inequivocabilmente esprimono sostegno, ma che spesso hanno la durata di un’intervista televisiva o di un breve commento riportato sul trafiletto di un quotidiano. Nel frattempo, la città è divenuta anche naturale palcoscenico di storie fantasy di bonelliana memoria e, se passerà ancora del tempo, non è da escludere che possa diventare un ideale set cinematografico di film neorealisti, come è accaduto nel dopoguerra per altri spazi urbani, con tematiche che coinvolgono ampi stralci della mutazione sociale ed economica della società odierna, qui esasperati dalla complessa realtà che ogni giorno si frappone a un’accettabile normalità. L’effige dell’aquila ingabbiata da tubi innocenti, imprigionata sulla facciata dell’edificio comunale, certifica lo stato comatoso in cui si trova attualmente il Centro Storico. Il suo integrale recupero, strutturalmente ineccepibile, è una sfida che richiede deferenza, amore, professionalità, organizzazione, caparbietà e trasparenza. Ho omesso volutamente la voce che riguarda l’aspetto economico.
Voce essenziale ma poco quantificabile a lungo termine per via delle varianti finanziarie (grave crisi economica e mancanza di una tassa di scopo, oggi, in verità, difficilmente proponibile) che tutti noi conosciamo. Il tramonto di un’epoca, che ha lasciato il posto a notti artiche passate in parte a leccarsi le ferite, potrebbe dare il via a una nuova “primavera di ricostruzione”: dipende da chi ci guida, certo, ma non solo. Anche noi siamo partecipi di questo nuovo inizio. Lavoriamo, dunque, affinché possiamo esserne all’altezza!