L’Aquila, le opere dell’artista Giancalo Ciccozzi esposte in centro storico

di Redazione | 30 Aprile 2021 @ 19:11 | CULTURA
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L’AQUILA – Anche quest’anno, nonostante le avversità dovute alla pandemia, Giancarlo Ciccozzi propone una sua personale in centro storico.

Palazzo Ciolina, in Corso Principe Umberto (quattro cantoni), è la sede dell’esposizione, che Covid permettendo, rimarra aperta fino alla fine di luglio. Inizialmente programmata al Palazzo dell’Emiciclo a cura di Vittorio Sgarbi, l’artista aquilano di caratura internazionale rimarrà in mostra nonostante gli importanti impegni estivi programmati all’estero.

Ciccozzi, sempre originale, riflessivo e emozionante – si legge in una nota – si trova apparentemente dinanzi ad uno spericolato sperimentalismo, che distrugge e ricrea allo stesso tempo qualsiasi idea di pittura convenzionale a favore di un’espressione estemporanea non meditata, ma “gettata” sulla tela, forte della scuola di Burri, Vedova, Basaldella e Fontana.

Profetizzando le parole di Jean Blancheart in una sua recensione su Ciccozzi sembra che l’artista aquilano voglia spazzare via tutto ciò che è stato detto, pensato e realizzato prima. Una specie di free jazz dell’arte. Ma non è solo così.

Ciccozzi è un artista comunque classico che lavora con tecniche e materiali antichi la cui parabola procede perfettamente in sintonia con un altro grande della sua terra, a lui vicinissimo anche in vita che è Marcello Mariani.

Elimina qualsiasi l’idea di retorica, orpello, fronzolo, accademia, virtuosismo, scendendo vigorosamente e coraggiosamente in quello che potrebbe essere definito uno spietato esistenzialismo plastico materico. Tutto viene decostruito per essere poi ricomposto alla luce di ciò che l’occhio dello spettatore non aveva. Entrambi innamorati della purezza dei colori a volte camuffati dall’anticatura dei materiali utilizzati. Dall’azzurro e il blu del lapislazzulo di Ciccozzi parte l’idea dell’essenza e la metafisica dell’artista. Il rosso è il sangue, l’essenza del dolore, della vita. Le sfumature del bianco, la purezza. Le terre bruciate il suolo arso, la terra. E poi gli squarci sulle tele per vedere cosa c’è dopo. Dopo il dolore, dopo il colore, dopo la morte. Disperatamente. Fino a raggiungere l’ermetismo nero delle opere creste durante il terremoto.

Dell’humus di una religione umanistica, di cui Ciccozzi fa certamente parte, è ormai acclarato che lui è un vero credente e promotore, se non ri-fondatore.


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