di Giovanni de Paola da L’Aquila – PERUGIA – “A L’Aquila non bisogna costruire di più, ma sistemare le persone, aprire un dibattito sul tema della ricostruzione. La ricostruzione deve essere un vero volano per l’economia di quelle zone. Ma non è ripartita. Ci sono gli artigiani in cassa integrazione dove serve costruire. A L’Aquila la comunità non è stata chiamata a partecipare. Sono gli effetti di un deficit di democrazia nel nostro Paese”. Denunciava Riccardo Iacona, (clik) giornalista RAI che si è occupato spesso dell’Aquila, parlando in maniera appassionata dal palco del Festival di Giornalismo di Perugia nel corso del panel “Il terremoto non uccide, gli edifici sì”.
L’AQUILA. ANNO PRIMO (2009)
L’AQUILA. ANNO SECONDO (2010)
L’AQUILA. ANNO TERZO (2011) – Andando a L’Aquila si avverte in maniera chiara il bisogno di comunicazione dei residenti. Si fermano a raccontare le loro storie. Ognuno ne ha una e non bada al tempo che impiega, ma alle parole necessarie per condividerla.
Il timore che il tema aquilano scompaia dal centro dell’attenzione è una delle ragioni. Attualmente, in effetti, è passato in secondo piano. Il centro storico appare, ancora oggi, pieno di macerie e impalcature di sostegno. Tutti gli edifici non agibili sono stati puntellati e messi in sicurezza.
Solo alcuni bar e negozi sono stati riaperti in centro e accolgono i turisti che si aggirano curiosi con le fotocamere. Pochi gli aquilani. Molti, fuori dal centro storico, orgogliosi, tutti, di vivere nella propria terra. Amata e devastata. Lo scoramento non gli appartiene. Dalle loro parole traspare una accettazione stizzita dell’immobilismo delle Istituzioni. Ma “tirano avanti”, come è scritto in dialetto sul drappo tricolore issato in cima alla torre civica.
L’EDICOLANTE – “Avevo riaperto l’edicola in centro, ma mi hanno fatto spostare perché dava fastidio alla caserma di fianco. Ora sono in una zona in cui c’è un passaggio limitatissimo di gente. Camminano qui davanti solo i ragazzi che la sera vanno nei locali a prendere una birra, ma che sicuramente non comprano prima il giornale. Poi ci sono solo i ‘visitatori’ (curiosi che fanno una passeggiata per dare un occhio – n.d.b.)”.
“Siamo tre edicolanti più o meno nella stessa zona e nessuno riesce a guadagnare. Ho fatto richiesta per spostare l’attività presso i centri del progetto C.A.S.E. e M.A.P. , ma è dal 2009 che aspetto. Per problemi burocratici vari sono ancora qui. Non mi danno l’autorizzazione perché se la danno a me anche altri faranno domanda e se non autorizzano anche loro potrebbero essere denunciati. Gli affari non vanno bene e da gennaio paghiamo già i contributi, senza contare i soldi per la luce: molti contatori delle case in centro non sono stati disattivati perché dopo il sisma si è pensato a tutt’altro. E le spese si sono accumulate”. (nella foto il centro dell’Aquila messo in sicurezza, come era un anno fa).
FACOLTA’ DI INGEGNERIA – Raggiungiamo la vecchia sede della facoltà di ingegneria ora spostatain uno stabile di fianco al Centro Commerciale L’Aquilone. “Difficile si torni presto in questo complesso. Ci sono molti interessi contrastanti”. – racconta il professore Gabriele Di Giacomo, docente di Principi di Ingegneria Chimica. “C’è molta disinformazione attorno all’Aquila. Immaginate che, una volta, sono stato fermato in automobile da alcuni carabinieri sulla strada per Avezzano. Erano convinti che all’Aquila tutto fosse ricostruito e insistevano col chiedermi se mi fossi preoccupato di fare la revisione della mia macchina. Se la situazione dell’Aquila era sconosciuta in un Comune vicino, figuratevi altrove”. Tralasciando facili battute sull’Arma, racconta di come i corsi universitari della rinomata Facoltà di Ingegneria aquilana procedano come prima:“C’è stato un calo dela popolazione studentesca del 30-40%, ma la qualità della didattica non è stata inficiata. Chi credeva in questa facoltà prima lo deve fare anche ora. Non mi sento di consigliare l’iscrizione solo a chi è rimasto traumatizzato dal sisma perché capisco bene il problema, per quanto sia una paura totalmente priva di fondamento”.
FARMACIE – Passando dal Centro Commerciale L’Aquilone vediamo un container con l’insegna “farmacia”. “Sei erano le farmacie del centro storico dell’Aquila, più una leggermente fuori che è tornata agibile. – Racconta il farmacista di turno – Dopo 5 mesi le farmacie hanno riaperto in container e ora noi ci stiamo ricostruendo in legno una nuova struttura, sempre all’interno del Centro Commerciale L’Aquilone”.
PORTIERE D’ALBERGO – Un portiere d’albergo in cui sono ospitati dei residenti aquilani parla cinicamente chiedendo con accortezza di non farsi identificare:”Bene come stanno ora in albergo non lo sono mai stati prima. Hanno vinto un terno al lotto. Non devono fare la spesa, non si devono preoccupare di pulire le stanze. E comunque, io non posso parlare, ma anche gli albergatori hanno fatto un affarone. Gli alberghi della zona, dopo il terremoto, sono stati sempre pieni e, nonostante il ritardo (vedi link), i soldi sono arrivati”.
SOCIALITA’ A L’AQUILA – Un circolo in cui gli anziani erano soliti incontrarsi è inagibile. Gli è stato messo a disposizione un container. Ma con il caldo primaverile non è piacevole starci. Così prendono tre sedie e si mettono alla fermata del bus.
“Mancano i centri di socializzazione. Non c’è un’edicola, un bar, un negozio”. Dice un signore presso le abitazioni del progetto C.A.S.E. A Bazzano. Viene lui verso di noi e chiude il telefono al quale era attaccato. “Mi sento uno zombie mentre cammino tra questi palazzoni. Non c’è niente. La casa non è solo un tetto. Qui ci hanno dato 4 mura”. Il telefono squilla di nuovo. È la moglie. Il pranzo è pronto.“Sono con dei giornalisti, poi ti racconto, poi ti racconto”. Il signore continua a parlarci mentre il telefono urla ancora tre volte, ma lui lascia squillare. I giornalisti con cui parlare sono qua ora. Tempo per tornare a mangiare ce n’è dopo.
(foto di Matteo Pierfelice)
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