Dopo aver ricevuto dall’Aquila un “dono” – come disse la propaganda di Goebbels – di ben 13 miliardi di lire (ad oggi 638 miliardi di lire pari a 330 milioni di euro) Hitler alla metà di ottobre del 1943 decise di trasformare il capoluogo abruzzese nel suo “forziere” per la guerra in Italia. Revocando così l’ordine dato il 29 settembre precedente che imponeva a Mussolini il «trasferimento in Germania del tesoro della Banca d’Italia e delle officine Carte e valori dall’Aquila a Verona». E’ quanto scrive lo storico italiano Amedeo Esposito nella sua mia prossima pubblicazione sulle Officine carte e valori – la “zecca” per gli aquilani – della Banca d’Italia che nel 1943 erano in funzione all’Aquila.
I 13 miliardi furono trovati dai tedeschi nelle vaste sacrestie della Filiale aquilana della Banca d’Italia, perché il vice presidente generale dell’Istituto del tempo, scrisse nella “roneata” dell’8 settembre 1943: «non sembra che possa essere presa in considerazione per l’ufficio speciale de L’Aquila il trasferimento altrove anche in caso d’evacuazione della piazza data l’ingente massa dei valori detenuti 13 miliardi». Trovarono anche in piena attività produttiva le Officine carte e valori che stampavano allora 600.000 biglietti bancari al giorno, nei tagli di mille, 500, 100 e 50 lire.
«La produzione di 4 giornate di ogni settimana verrà avviata direttamente dall’Aquila alla sottosezione di Milano, salvo, in caso di necessità di lasciarne un certo quantitativo alla sede di Firenze, specialmente per le esigenze delle forze armate germaniche. I biglietti prodotti nelle altre tre giornate verranno spediti alla sottosezione della cassa speciale a Roma e saranno utilizzati per le necessità delle forze armate germaniche del Sud…». Hitler – è storia – alla costituzione della Repubblica sociale italiana, pretese da Mussolini elevati contributi per le spese generali del Terzo Reich che in totale ammontarono a 189 miliardi di lire. La fine del “forziere” di Hitler, però, si ebbe l’8 dicembre del 1943, quando i bombardieri Alleati, alzatisi dall’aeroporto di Foggia, distrussero le officine e lo scalo ferroviario annesso.