di Marianna Gianforte – Quando l’azienda della Spagnoli le disse che era stata scelta come “gerente” del nuovo punto vendita aquilano, lungo il Corso, in pieno centro storico, la 26enne Mariangela Urbani non credette alle sue orecchie. Era la più giovane responsabile in Italia di un negozio della prestigiosa marca Spagnoli, azienda fondata nel 1928 da Luisa Spagnoli, l’imprenditrice che introdusse il filato d’angora nel suo stabilimento per produrre capi di maglieria. Una rivoluzionaria che dal pelo di alcuni conigli riuscì a ottenere un filato sottile e omogeneo.
A 40 anni da quel giorno, la Spagnoli lascia L’Aquila. Il negozio venne inaugurato nel 1976, in pieno boom economico e in un momento storico in cui vinceva la voglia di innovare e rivoluzionare vecchi stereotipi. E chiude oggi, a oltre quattro anni dal terremoto che ha piegato la storia dell’Aquila a un destino che sembra di declino. Tra 20 giorni esatti (il 20 giugno) lo store aquilano della Spagnoli abbasserà le saracinesche del negozio di via Cardinale Mazzarino, dove l’attività si è ricollocata, pagando un fitto, dopo il sisma. Da una settimana è cominciata la svendita della merce in negozio, preso letteralmente d’assalto dalle clienti “vecchie” e “nuove”, molte delle quali non si rassegnano alla chiusura e si lasciano sfuggire un po’ di commozione. Mentre il negozio è già stato messo in liquidazione per cessione dell’attività: c’è un cartello che lo testimonia.
«Siamo diventate quasi una grande famiglia – commenta la gerente del negozio riferendosi alle due commesse che lavorano con lei e alle clienti “storiche” – con tante donne ci conosciamo fin dall’apertura». Rassegnata, la Urbani spiega che la scelta dell’azienda «è dovuta in parte alla riorganizzazione nazionale degli store», necessaria in un contesto di crisi economica che non accenna a finire; ma molto dipende «dallo spostamento del punto vendita dal centro alla periferia». Chi conosce la Spagnoli, infatti, sa che la sua “filosofia” è di essere presente nel cuore delle città. Un ritorno in centro, invece, appare sempre più lontano, anche se una speranza resta. «Il negozio del Corso è di proprietà e lo stanno ristrutturando – spiega la Urbani -. Può darsi che in futuro la Spagnoli decida di tornare». Forse. Intanto un altro pezzo di città se ne va, dopo la chiusura, ad esempio, dello storico bar Gran Sasso del Corso, o quello cosiddetto di “Pito”, in via della Croce Rossa. E le dipendenti? A tutte è stato offerto di andare a lavorare in altri luoghi dove servono commesse o gerenti. Ma conviene a chi ha famiglia e casa in una città, spostarsi altrove? Forse no, ed è difficile credere che l’azienda non lo sappia.