L’Aquila, Chiesa Santa Maria Paganica: la ferita aperta davanti al Maxxi
di Matilde Albani | 04 Settembre 2020 @ 06:01 | ATTUALITA'L’AQUILA – Se vi indignate sullo stato in cui versa il Duomo di San Massimo a quasi dodici anni dal terremoto, basta entrare a Santa Maria Paganica, una delle chiese capo quarto della città dell’Aquila e una delle parrocchie più grandi del centro storico.
LAquilaBlog è andata a vedere lo stato dell’arte. Il terremoto del 2009 ha fatto collassare il tamburo, la cupola, la torre campanaria, le volte delle cappelle e gli elementi di copertura delle pareti laterali. Gravissime, poi, le lesioni sulla facciata, sulle volte, sulle pareti dell’abside e sugli archi trionfali. All’interno la natura si sta appropriando degli spazi: gli arbusti sono diventati alberi, spuntano dalle fessure della pavimentazione e sull’altare maggiore, tutto questo, sotto la volta del cielo, perfettamente visibile e scoperta, sventrata, ricoperta da muffa e praticamente ridotta ad un rudere. Resta poco di questo edificio, ormai uno scheletro di pietra coperto quasi completamente da impalcature e tubi Innocenti e gli stessi residenti della zona temono distaccamenti e crolli, come già è accaduto in passato.
Da tempo la Curia, proprietaria dell’edificio, ha depositato al Segretariato regionale dell’Abruzzo un progetto di restauro e consolidamento della chiesa. Lo stesso è stato affidato a un gruppo di tecnici non aquilani prima della normativa del 2015 che stabilisce che anche le chiese, se non rientrano in aggregati privati, devono essere considerate edifici pubblici. In un ginepraio burocratico, l’avvocatura dello Stato, in un secondo momento, stabilì che questa normativa poteva essere superata, con una deroga, per i progetti dotati di fattibilità tecnica e, soprattutto, già finanziati
Per i lavori occorrono almeno 20 milioni di euro; soldi che, in questo momento, non ci sono, nonostante la chiesa fosse stata inserita nel Piano strategico per il turismo e la cultura proposto, sempre nel 2015, da Dario Franceschini, che assegnava all’Aquila, 30 milioni di euro. Ora, nell’impossibilità di ricostruirla, è stata avanzata anche l’idea di trasformarla attraverso un progetto di “mantenimento delle rovine”, in un ricordo del terremoto del 2009.
Di sicuro questa ferita aperta non è un bel biglietto da visita per guardare avanti dopo 11 anni da sisma. Intanto Palazzo Ardinghelli, che si trova difronte, nella stessa piazza, diventerà a giorni la sede distaccata del Maxxi, con tanto di inaugurazione in pompa magna e red carpet sotto i riflettori nazionali. Sapremo spiegare al Paese e al mondo della cultura che ci guarderà come sia possibile tutto questo scempio?