di Fabio Iuliano – La Madonnina è ancora lì, piccola e indifesa a portata di mano del teppista di turno. Come chi l’altra notte ha pensato bene di buttarla giù dall’edicola della fontana alla fine di via San Giuliano. E’ la seconda volta in sei mesi che succede un episodio del genere e la statuetta ne porta addosso tutte le ferite: la testa, il petto e la mano destra sono segnate da un gesto di ignoti. Il resto lo fanno i segni del tempo. Se l’edicola accoglie ancora una statuetta lo si deve alla pazienza e un po’ alla testardaggine di padre Giuseppe De Gennaro, capo spirituale della vicina Università della Preghiera che ha sede pochi passi più sotto, in via Madonna Fore. E’ stato lui, sei mesi fa, a raccogliere la Madonnina pezzo per pezzo e avviare sulla statuetta una paziente e delicata operazione di recupero. Importante, in questo caso, l’aiuto di alcuni collaboratori della struttura. Nel frattempo, il frate gesuita ha pensato bene di sistemare al posto della statua divelta un’altra Madonnina. Questo fino all’altra sera, quando qualcuno ha buttato giù anche questa seconda statuetta. Neanche questo dopo questo episodio padre De Gennaro ha perso il suo aplomb: immediatamente ha ricollocato nell’edicola la prima statuetta, quella divelta sei mesi fa.
«La conservavo da tempo», racconta, «e attendevo un’occasione per riproporla. Questo gesto, molto simile al precedente, è il segno di una comunità in crisi». Difficile stabilire se l’autore del gesto sia lo stesso a distanza di mesi. «Questo ha poca importanza per me», spiega, «sicuramente chi ha interesse a compiere un atto del genere va curato, ma episodi del genere rappresentano simbolicamente la fragilità di una città che, specie dopo il terremoto, fa i conti con le sue nevrosi. Ma il mio è un discorso in generale che vale per L’Aquila, come per l’Italia e per il mondo, in un momento in cui manca il rispetto per il credo e i simboli religiosi, quasi come se l’umanità dicesse “Signore, noi siamo frantumati perciò ti frantumiamo”».