di Carla Liberatore – Il giorno del 5 aprile 2009 era una quasi tranquilla domenica delle palme. Dall’alba del giorno precedente a L’Aquila non si avvertirono più scosse di terremoto e tutti pensarono che lo sciame sismico si fosse finalmente esaurito dopo che per molti mesi aveva impaurito oltremodo la popolazione della città e dei paesi circostanti. La domenica trascorse serena senza scossoni tellurici e si cominciava quindi a stare un po’ più tranquilli, quando invece alle 21.45 una prima scossa più forte del solito fece traballare ogni certezza.
Molte persone si riversarono in strada, qualcuno rientrò in casa dopo circa mezz’ora e alle 22,45 una forte scossa sismica fece tremare i muri dei palazzi e delle strade. A quel punto furono in molti a convincersi, grazie anche al duro e nascosto lavoro di alcuni concittadini che nei giorni precedenti furono capaci di mettere in allerta la popolazione senza generare alcun panico, si decisero definitivamente a passare la notte in ripari di fortuna come le proprie automobili, camper ed altro.
La scossa che arrivò poco più di un’ora dopo, verso la mezzanotte, fece cadere nelle abitazioni diversi suppellettili, fu meno prolungata della precedente ma allo stesso modo terrorizzò tutti e gran parte della gente scese in strada aggiungendosi agli altri preparandosi a passare la notte all’aperto. Dalla mezzanotte del 5 aprile le scosse telluriche si susseguirono costantemente con una cadenza di una ogni 40 – 60 minuti dall’altra, fino a quando alle 3,32 L’Aquila e tutto ciò che comprendeva, iniziò a sobbalzare vorticosamente e violentemente accompagnata dal frastuono assordante di un enorme boato e dalle grida della gente terrorizzata. Le auto di coloro che vi passarono la notte, vennero fatte sobbalzare e ruotare da terra diverse volte per la violenza del sisma e tutto durò 38 interminabili secondi che sembrava non dovesse finire mai, quando all’ultimo istante un boato ancor più forte del precedente sancì la fine di quella indimenticabile violenza della natura. Saltò la corrente in ogni strada, in ogni piazza ed in ogni casa, tutto intorno c’era soltanto silenzio, nubi di macerie odore di gas delle tubature e di zolfo spanciato dalla terra spezzati dai lamenti dei disperati e dei morenti.
Fu così che la terra violentò una città ed i suoi abitanti, mentre alle 3,32 c’era chi rideva per i gran quattrini che avrebbe fatto per via della ricostruzione e così fu, perché qualcuno parecchi quattrini ce l’ha fatti e ce li continua a fare sottraendo risorse a chi ne ha veramente ed urgentemente bisogno. Eppure migliaia di persone si affidarono alle istituzioni che nei giorni precedenti, allorquando, subito dopo la forte scossa non distruttiva del 30 marzo 2009, i rappresentanti preposti si riunirono in gran segreto per una commissione d’urgenza alla guida di Bertolaso e si affrettarono a dire che non c’era più nulla da temere, che lo sciame sismico si era esaurito con quella scossa e che da quel momento in poi ci sarebbero state solo dei piccoli sismi di assestamento. Ancor oggi sono in molti a chiedersi se quei rappresentanti istituzionali furono ignoranti o semplicemente bugiardi. Se lo chiedono i familiari delle vittime, gente onesta, lavoratrice, studenti modello, padri e madri di famiglia, anziani e bambini vittime dell’essersi affidati ai grandi studiosi e alle istituzioni. Vittime della loro stessa onestà che li portò a credere altrettanto onesti coloro che li rassicurarono. Purtroppo i fatti hanno dimostrato che si sbagliarono.
Ancor oggi le istituzioni dimostrano talora di essere gravemente carenti e pasticcione, capaci di perdere documenti di cittadini che hanno richiesto il diritto ad una casa nella loro città, dimostrano mancanza di vicinanza nei riguardi di coloro che vi si affidano e attendono con pazienza di essere ascoltati oltre che accolti.
Questo è l’attimo del vivere, della ricostruzione e del pretendere i propri diritti calpestati ed umiliati. Solo così si potrà cancellare il disperato ricordo di quella maledetta notte che ci rese per un istante tutti uguali dalle diversità di qualsiasi clientelismo istituzionale.