
«I soldi me li hanno chiesti», spiega Lago al il Fatto che sul suo sito pubblica anche l’audio dell’intervista, «perché hanno fatto delle attività commerciali che io ho pagato ma non mi hanno dato nessun appalto e questo lo dicono anche le carte. Io ho vinto tre appalti ancora prima di conoscere Tancredi. Il fatto è che se avessi dovuto mettere un mio uomo fisso a L’Aquila mi sarebbe costato di più quindi ho fatto un contratto con la Dama consulting per attività commerciali se poi Tancredi l’attività commerciale non la poteva fare perché aveva già uno stipendio da dipendente pubblico, io potevo anche non saperlo…ma lo sapevo che era un dirigente dell’ospedale de L’Aquila. Gli ho fatto un contratto di consulenza e propaganda commerciale con la Dama (che fa capo a Tancredi, ndr). Ma Tancredi non mi ha fatto vincere nessun appalto. So che era molto conosciuto a L’Aquila, non credo avesse rapporti solo con me.
Lago spiega che quello che lui ha vinto è stato regolare, ha pagato perché sperava di ottenerne altri ma poi non ha ricevuto più niente. Per quanto riguarda l’ex vice sindaco «confermo quello che è scritto negli atti d’indagine».
Questa la ricostruzione rilasciata da Daniele Lago, accusato di corruzione, in una intervista al Fatto Quotidiano disponibile on line. L’imprenditore rivela pure che proprio per questo motivo nel 2010 la sua impresa ha lasciato la città. Nei mesi scorsi le dichiarazioni di Lago davanti agli inquirenti aquilani hanno consentito di ricostruire il sistema in cui si lavorava nella città post sisma: così è nata l’inchiesta ‘Do ut Des’ che una settimana fa ha portato a 4 arresti e altri 4 indagati a piede libero, tra questi anche l’ex assessore Vladimiro Placidi e l’ex vice sindaco Roberto Riga.
Secondo Lago gli appalti venivano affidati «a simpatia» ma quelli che ha vinto lui «me li sono aggiudicati in maniera onesta». Secondo l’accusa, per altri lavori in affidamento diretto, mai ricevuti, Lago avrebbe pagato ancora. Mazzette anche all’ex vice sindaco Roberto Riga che, interrogato, ha negato di aver mai commesso alcun reato. Per gli inquirenti invece «Lago, per il tramite di Pierluigi Tancredi, prometteva a Riga, che accettava, il versamento della somma di 30mila euro affinché interferisse, per garantirgli l’acquisizione dei lavori di messa in sicurezza» di un immobile.
Lago racconta poi che nell’estate del 2010 ha deciso di lasciare la città perché «era impossibile lavorare» ed ottenere appalti. «Non lo so se si pagavano mazzette per poter lavorare, ma so che se si fa un giro a piedi a L’Aquila vedrà che le aziende che lavorano sono sempre le stesse».
Che a l’Aquila, la sensazione, fosse quella di dover partecipare a un “sistema”, per poter lavorare, lo racconta al Fatto quotidiano anche l’ingegnere Massimo Pietrobon, ex dipendente Steda, che accompagnò Lago il giorno in cui pagò i 60mila euro: fu proprio l’imprenditore, che voleva un testimone della “mazzetta”, a chiedergli di stare al suo fianco: «Ho lasciato l’Aquila – dice Pietrobon – perché quel progetto, per il quale pagammo 60mila euro, era tra i migliori che avevo mai realizzato. Non sono fatto per questo tipo di situazioni…». Pietrobon è stato ascoltato dalla procura aquilana come persona informata sui fatti: la sua è stata una testimonianza preziosa ai fini dell’indagine.
Un dipendente della Asl molto influente
Ex consigliere comunale del Pdl, Tancredi è un dipendente della Asl di L’Aquila che, però, durante la ricostruzione incassa soldi per la sua attività commerciale: “Procacciava clienti”, spiega Lago, nell’intervista. L’imprenditore non accusa Tancredi, ma è la squadra mobile aquilana, guidata da Maurilio Grasso, che scopre gli intrecci tra Tancredi, Macera e due ex assessori, Vladimiro Placidi (in quota centrodestra) e Roberto Riga (in quota al centrosinistra). Secondo l’accusa, il rapporto tra Lago e Tancredi, non era quello tra un imprenditore e un “semplice” procacciatore di clienti: Tancredi era invece “un punto di riferimento” per “interferire” e “orientare”, secondo i propri interessi, “importanti uffici della Pubblica amministrazione”. L’obiettivo: gli affidamenti dei lavori di puntellamento e la messa in sicurezza degli edifici. Secondo l’accusa, quindi, Tancredi s’impegna a favorire la Steda Spa e in cambio ottiene la promessa – e anche la dazione – di denaro e altre utilità. Con questo fine – ricostruiscono gli inquirenti – nasce persino una società – la DA.MA. Consulting s.r.l. – con il seguente tariffario: un fisso mensile di euro 7.200, un compenso del 7 per cento per lavori fino a mezzo milione di euro, un compenso del 3 per cento per lavori fra i 5 e i 10 milioni. La società – secondo l’accusa – è riconducibile a Tancredi.
Lago ci spiega: “Avevo con Tancredi un normale rapporto di lavoro e, peraltro, non mi ha mai portato alcun lavoro”. Soldi buttati quindi? Secondo l’accusa, qualche vantaggio, Lago l’avrebbe ottenuto comunque: Tancredi è intervenuto per “convincere” alcuni sindaci a non denunciare i ritardi nei lavori affidati alla Steda. Ritardi che potevano costare, all’azienda di Lago, anche 400mila euro al giorno. E secondo l’accusa fu proprio Tancredi a convincere i sindaci di Barisciano, Fagnano e Pizzoli, a “desistere dall’attivare iniziative che avrebbero potuto intralciare i lavori o ritardarli, con notevoli pregiudizi economici e d’immagine per la Steda S.p.A”.