La vita post-Covid, l’urbanista: in borghi aquilani offerta formidabile ma serve sviluppo

di Marco Signori | 29 Aprile 2020 @ 08:13 | ATTUALITA'
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L’AQUILA – L’Aquila e i borghi che la circondano costituiscono una formidabile offerta di qualità della vita che potrebbe rappresentare un nuovo approdo soprattutto per le giovani coppie nella vita post-Covid, ma occorre fare attenzione al modello di sviluppo che si sceglie per non rischiare di disperdere preziose energie.

È il ragionamento di Pierluigi Properzi, ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica dell’Università dell’Aquila. 

“Oggi sembra che tutti stiano riscoprendo cose che sono precedenti al coronavirus, che sta mettendo in luce come tutti i processi di questo tipo sono grandi acceleratori che fanno vedere cose che prima si vedevano di meno”, fa osservare a L’Aquila Blog. “Noi abbiamo avuto un’accelerazione dovuta al terremoto e ora questa causata dalla pandemia, per fortuna limitata nel nostro contesto, che pone in evidenza questioni che erano critiche anche prima”.

“È evidente che ci siano componenti che portano a rifuggire dall’attuale sistema insediativo, che ha tutta una serie di criticità, più o meno forti a seconda dei contesti”, rileva Properzi. “L’Aquila ha già una dimensione in cui queste criticità sono attenuate, le periferie delle grandi metropoli hanno criticità molto più forti”.

“Quello che sta cambiando è il modo in cui viviamo, connesso all’uso che facciamo degli spazi, privati e pubblici – ragiona il professore – l’abitazione che per molti di noi resta una dimensione ampia, in cui poter fare tutto, in realtà nei programmi dei grandi immobiliaristi a livello internazionale è diventata una cosa diversa, la progettazione in genere risponde alla domanda e gli immobiliaristi sanno che si vende un appartamento di tot metri quadrati con tali caratteristiche, i fondi internazionali non prevedono abitazioni con più di 62 metri quadrati”.

“Le persone trascorrono il proprio tempo fuori casa, c’è una sola stanza con molte funzioni, una cucina piccola, alla fine si torna a casa ma si vive una vita esterna, tutto questo”, dice Properzi, “è la risposta anche a una crisi dell’abitare collettivo, tutti dicono che non ci sono piazze e spazi pubblici ma la gente non ci va, va nei supermercati o in spazi collettivi in cui si svolgono altre funzioni, chi cammina per strada sta attaccato al telefono, è una società in cui i tempi si sono dilatati molto”.

Oggi, davanti alla dimora forzata e all’angustia che si è provata a restare per intere settimane sacrificati in casa, sembrano scattare sentimenti nuovi: “La reazione è il ‘Mulino Bianco’, tutti pensano a case con una grande cucina, il giardino, la famiglia che si riunisce”.

Tuttavia, fa notare il professore, “i meccanismi con cui si evolvono processi di questo tipo, molto complessi e che interessano aspetti né legati al momento né all’accelerazione che c’è stata, evolvono attraverso dinamiche complesse e tempi lunghi”.

“Se non cambia il rapporto tra chi compra e chi vende le abitazioni e la domanda stessa di abitazioni, ma soprattutto il ruolo che avrà il sistema finanziario, non cambierà quasi nulla”, afferma sicuro l’architetto, già vice presidente dell’Istituto nazionale di urbanistica (Inu).

“Il tema centrale è cosa succederà all’Aquila nel mercato immobiliare, questione che nessuno vuole affrontare. Nessuno sa dire cosa succederà di questo surplus di ventimila alloggi, nessuno sa cosa fare eppure le politiche sono decisive, il mercato va orientato”.

“Il tema dell’Aquila è del tutto particolare e il mercato immobiliare è sempre stato centrale nell’economia aquilana, è stato l’innesco per il settore edile e la redistribuzione di quella poca ricchezza che si produceva, si comprava la casa coi soldi della liquidazione, il piccolo costruttore la vendeva e comprava un terreno o ristrutturava un’altra casa”, spiega Properzi, che parla di un vero e proprio “elemento strutturale nell’economia aquilana”.

Sul dibattito sviluppatosi a livello nazionale e alimentato anche da archistar come Stefano Boeri, che ha indicato nella fuga dalla grandi città e nella riscoperta dei borghi il futuro, Properzi pone sul tavolo alcune considerazioni.

“L’Aquila e il sistema insediativo dei centri storici intorno sono un’offerta formidabile in termini di qualità di vita, con il coworking o la possibilità di fare il lavoro da casa possono diventare attrattori, l’offerta è eccezionale”, dice, pure facendo osservare come “la domanda va organizzata”.

“Che significa? Che non esiste già la domanda come tale – spiega – si tratta di capire cosa offrire e a chi offrirlo, tutto il sistema va considerato insieme, non i piccoli borghi distanti da L’Aquila da soli, questo è stato il difetto della strategia nazionale delle aree interne”.

“Politiche di carattere strategico si fanno sui punti forti, L’Aquila è un punto di forza di un sistema insediativo molto più ampio in cui sono compresi Santo Stefano di Sessanio, Lucoli, Campotosto…il vero tema è capire come dotare di servizi tutta l’area, telematici, informatici, che funzionino bene” dice Properzi, che esorta a sfruttare questa occasione “ad esempio per la sanità, garantendo un servizio diffuso sui territori periferici, esattamente il contrario di quanto successo”.

Il professore, che ha lavorato a due sperimentazioni che riguardano l’area che si sviluppa intorno all’area archeologica di Peltuinum, a Prata d’Ansidonia, e Campotosto, ritiene che lo sviluppo di posti tanto belli quanto marginali non possa che avvenire “attraverso investitori privati con lo strumento del contratto di rete”.

“Il rientro? I tempi sono lunghi”, ammette Properzi, “quindi insieme ai privati devono esserci sistemi di finanziamento. Un ruolo molto forte può averlo la Cassa depositi e prestiti, ma poi serve celerità per i privati che devono recuperare gli investimenti. La pubblica amministrazione può fare politiche di promozione, se ci fosse un rapporto con le grandi aziende come Telecom, Eni o Enel, facendo proposte di telelavoro offrendo case in proprietà a giovani coppie che scelgono questo modello di vita”.

Il professore pensa poi al leasing in costruendo, una forma di finanziamento privato delle opere pubbliche che permetterebbe di “avere finanziamenti agevolati per la realizzazione di servizi sia fisici sia immateriali”, e indica il capitale umano come ulteriore tassello per comporre il complicato puzzle: “Quando sei a Prata d’Ansidonia e non hai l’idraulico te ne vai, la possibilità di realizzare delle cooperative di comunità potrebbe essere un modo per riattivare quel capitale umano che manca da noi come in tutto il Mezzogiorno”.

In sintesi per la riscoperta e valorizzazione di una vita slow tra i borghi dell’Abruzzo, per Properzi è necessario “coniugare ricostruzione del capitale umano, offerta in uscita dalle aree metropolitane e un sistema economico-finanziario in cui Ue-Cdp e privato si sposino”.

Senza dimenticare la partecipazione, nei fatti e non a parole, “in modo da non trovarci nel solito impasse di fare un progetto e poi trovarsi tutti contro perché – rileva il professore – quello che abbiamo imparato è che la gente va coinvolta da subito e non credo molto nella capacità dell’amministrazione pubblica di farlo”.

“Dall’emergenza”, ragiona infine Properzi, “si impari che non deve venire tutto da fuori ma la gente deve auto organizzarsi, all’individualismo si risponde attorno a progetti e idee, si chiama sperimentalismo democratico, sposato in parte da Fabrizio Barca la cui operazione si è bloccata anche perché tranne rari casi non ha avuto una dimensione strategica, sono state scelte come aree interne le più sfigate senza punti di forza e così disperdi solo soldi”.


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