La Pandemia aggredisce anche il diritto?
Giustizia Insieme, interviste di Franco De Stefano
di Redazione | 12 Aprile 2020 @ 10:44 | LA LEGGE E LA DIFESAGiustizia Insieme ha sollecitato la riflessione di quattro giuristi, due professori di diritto costituzionale, un presidente emerito della Corte costituzionale ed una presidente emerita della Corte di cassazione, sull’impatto della magmatica legislazione emergenziale sul diritto e, in particolare, sui diritti fondamentali di libertà di ogni individuo, in questo periodo acuto compressi con modalità mai prima sperimentate e foriere di mutamenti radicali.
Al di là dell’innegabile priorità del contenimento del contagio, serpeggia infatti il rischio che, insieme al sovvertimento del nostro modo di vivere e di convivere, possa esserci quello del nostro sistema di valori e di libertà; e gli intervistati sono stati invitati a valutare l’auspicio che, ferme le esigenze di immediato contrasto all’emergenza, i nuovi parametri di sicurezza sanitaria siano contemperati con i valori fondanti di una moderna società democratica, piegando i primi ai secondi e non viceversa, nel nuovo regime di normale convivenza che inevitabilmente si andrà a disegnare dopo questa prima e drammatica fase.
Fino a qual punto l’emergenza può giustificare la limitazione dei diritti fondamentali? In particolare, soltanto in una fase di contenimento dello sfondamento del contagio, oppure anche a regime?
Parla Gabriella Luccioli, Sezione Civile della Suprema Corte
“È noto che la nostra Costituzione, a differenza di altre, non prevede l’ipotesi dello stato di emergenza, né quella dello stato di eccezione, ma soltanto lo stato di guerra, che ai sensi dell’art. 78 deve essere dichiarato dalle Camere, le quali conferiscono al Governo i poteri necessari. I padri costituenti motivatamente scelsero di non inserire nella Carta clausole di emergenza che potessero aprire il varco, in situazioni di per sé imprevedibili e non puntualmente definite, a pericolose lacerazioni dell’ordine costituzionale ed alla compressione dei diritti delle persone”.
(…)
“Molti sono i diritti della persona coinvolti dalla pandemia. Non solo, come appare con maggiore evidenza, i diritti di libertà personale, di circolazione, di soggiorno, di riunione, di partecipazione ai riti religiosi, di iniziativa economica, di istruzione, di lavoro, di impresa, di attività politica, sindacale, culturale, ma anche quelli che hanno a che fare con la sfera più intima dell’uomo, come il diritto ad una morte dignitosa.
La morte è diventata un evento clandestino e solitario, che si consuma lontano dagli affetti, e ad essa è negato anche il funerale. La fine della vita per effetto del coronavirus si risolve nell’anonimato di un numero che va ad alimentare una statistica e concorre ad accrescere la paura, perdendo definitivamente il suo significato profondo e la sua simbologia.
Né può costituire valido motivo di conforto il pensare che resta comunque integro il nostro diritto di pensiero, di opinione, di parola, di informazione: può per contro osservarsi che la pandemia stravolge anche i pensieri, l’uso delle parole, la scelta delle letture, obbligandoci a confrontarci continuamente con tematiche lontane dai nostri abituali interessi.
Essa ha trasformato i ritmi esistenziali, i rapporti interpersonali, le consuetudini più innocue e quelle più radicate, il significato degli sguardi, il senso delle amicizie; ha cambiato la nostra percezione del tempo, la nostra visione del mondo.
La sua prepotenza è devastante, la sua violenza è insopportabile in un sistema come il nostro, ispirato ai valori dell’illuminismo, che pone il singolo prima o al centro della società, e che ha una Costituzione ispirata al principio personalistico”.
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