La Chiesa ai tempi del Coronavirus: tra funerali senza messa e celebrazioni a distanza, sacerdoti vicini ai fedeli grazie al web

di Mariangela Speranza | 21 Marzo 2020 @ 07:00 | ATTUALITA'
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L’AQUILA – Dal nord al sud Italia i sacerdoti convivono in questi giorni di emergenza sanitaria con il drammatico paradosso di dover restare vicini alla gente senza aumentare il contagio e con il problema della gestione di quelle funzioni che, nonostante i divieti imposti dai decreti e volti a scongiurare la diffusione del virus, devono essere per forza celebrate.

Anche all’Aquila dove, racconta il direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale del Lavoro e dei Migranti, nonché parroco di Sassa don Juan de Dios Vanegas Gallego, la Chiesa si è adeguata come dappertutto “ai tempi che corrono e cerca di far sentire quanto più possibile la propria vicinanza ai fedeli attraverso internet o i social network”.

“Stiamo combattendo una guerra contro l’epidemia – dice a L’Aquila Blog – ed è bene che anche qui le persone si rendano conto di quanto sia dannoso uscire e stare insieme. Nel mio piccolo, cerco di tenermi in contatto con loro in diversi modi. Telefonando magari, inviando messaggi o assicurando la mia presenza attiva attraverso i social network e i gruppi su WhatsApp”.

Come don Juan, sono molti i parroci costretti ad ammettere ai fedeli che vicinanza significa oggi irresponsabilità e che voler bene alla propria comunità significa tenerla lontana. Quando possono, trovano risposta nella prossimità digitale, ma nelle parrocchie di paese, la questione si fa più complicata, soprattutto se si tiene conto di tutte quelle persone che con gli smartphone hanno ben poca dimestichezza.

“Gli anziani – aggiunge don Juan – sono purtroppo coloro che più risentono di questa perdita di contatto diretto. Qualcuno si sta adeguando e a quel punto risulta abbastanza semplice spiegare come accedere ai portali per seguire le messe in streaming o come poter prendere parte ai gruppi di preghiera online. La maggior parte fa però ancora tanta fatica e, in questi casi, l’unica soluzione è il passaparola, anche se è complicato far capire alla vecchietta sola quanto sia importante che resti chiusa a casa”.

Un’altro problema si pone inoltre per quelle funzioni che implicano per forza di cose la presenza attiva dei parroci e la formazione di piccoli assembramenti.

I provvedimenti governativi delle scorse settimane sospendono infatti “le manifestazioni e gli eventi di qualsiasi natura, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”.

Per i funerali e le estreme unzioni il discorso si fa però più complesso. Tanto da indurre la Conferenza episcopale italiana (Cei) ad emanare un documento in cui, se da un lato si adegua alla normativa in vigore e chiude al pubblico le celebrazioni religiose, dall’altro dà suggerimenti ben precisi anche in tema di amministrazione dei sacramenti, proprio con l’intento di assicurare un’adeguata protezione dal possibile contagio virale sia ai fedeli che ai parroci.

“Per quanto riguarda funerali ed estreme unzioni il sussidio diocesiano emanato dalla Cei parla chiaro – afferma don Juan – I funerali poi sono essenzialmente regolati anche dai decreti: vengono celebrati all’aperto, al cimitero e non possono essere presenti più di 10 persone, che sono tra le altre cose tenute a mantenersi a debita distanza fra loro. Anche la funzione in sé è abbastanza veloce: si compone semplicemente di ultima raccomandazione, commiato e preghiera dei fedeli. Per chi lo vorrà, sarà comunque possibile organizzare più in là la funzione vera e propria”.

Leggermente diverso è invece il discorso per le estreme unzioni.

“Come per i funerali – precisa don Juan -, anche in questo caso la Cei raccomanda estrema prudenza e spiega come limitare il più possibile la vicinanza e il contatto diretto tra le persone per non incorrere in particolari problematiche e scongiurare il contagio”.

In particolare, i suggerimenti elencati nel documento della Conferenza episcopale esortano i sacerdoti che si recano a casa del malato che ha richiesto l’unzione a portare con sè una mascherina protettiva e un paio di guanti monouso in vinile o nitrile, da indossare prima dell’inizio del rito e di mantenere la distanza necessaria al momento della confessione.

Ma non solo. Sempre secondo il documento Cei, sarà inoltre necessario che il parroco deterga le mani con acqua saponata o soluzione alcoolica e le asciughi con carta monouso, prima di comunicare con il malato e prima di uscire.

Tutti suggerimenti, quindi che esortano alla sicurezza, esattamente come per gli altri sacramenti, come per esempio i battesimi, le comunioni e le cresime per la cui celebrazione, i decreti impongono però di attendere la fine dell’emergenza, allo stesso modo dei matrimoni.

“Nel caso dei giovani non è però un problema mantenere i contatti – dice ancora don Juan -. Anche con i più piccoli, quelli che avrebbero dovuto ricevere la comunione o la cresima quest’anno. Ho addirittura creato un gruppo Whatsapp con i loro genitori e  interagisco costantemente con loro, inviando supporti multimediali e note vocali”.


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