di Antonio Porto – Brevemente, a titolo informativo, cito alcune considerazioni e valutazioni sul “Piano Strategico”, elaborate da studiosi che se ne sono occupati.
I contenuti del Piano Strategico dovrebbero essere volti a definire ciò che la città intende come piano strategico – che non è solo un piano di strategie per la città, ma anche e soprattutto la costruzione di un processo partecipativo in cui tutti si assumono la responsabilità; un metodo di decisione collettiva su scelte future, che pertanto è inclusivo. Se si condivide la visione strategica del Piano questo matura tramite l’attuazione incrementale di progetti e azioni da parte degli attori sociali nell’ambito della loro specifica responsabilità. La costruzione di un progetto condiviso di città che, attraverso un’analisi critica del nesso esistente tra economia, territorio e ambiente, politiche sociali, formative e culturali, fissa obiettivi di medio-lungo periodo e interventi riconosciuti dalle istituzioni e dagli interlocutori sociali ed economici della città”. E ancora il risultato di interazione tra attori diversi, “un modello di rete e un incubatore di relazioni”, “un metodo, uno strumento e un modello decisionale”, “un modo per interrogarsi collettiva mente su grandi scenari di sviluppo possibile e il tentativo di dare risposta negoziale e comunicativa volta a integrare la/le comunità locali intorno ad una visione condivisa del futuro e a comuni interessi” (Cfr. Bobbio, 2010).
Il suo grado di realismo dipende dall’esistenza di una forte autorità di piano e di mezzi finanziari per mettere in atto le decisioni. Alla debolezza istituzionale che deriva dalla mancanza di una autorità di piano fornita di un potere forte e superiore, dobbiamo supplire con un forte coordinamento nel momento dell’azione. Il grande limite è che le risorse sono poche (…) a tutt’oggi non disponiamo degli strumenti istituzionali per assicurare il coinvolgimento che in questo caso sarebbe necessari per costruire un forte piano strategico. Quello che non possono fare le istituzioni lo può fare una solidale azione congiunta” (Cfr. P. Sacco).
Quello che l’Amministrazione aquilana ha presentato alla cittadinanza, come risultato di un copia incolla informe e slegato nelle varie parti di cui si compone, è un ibrido.
Non può essere considerato un piano socio-economico perché, sin dall’origine è stato pensato e finalizzato a dare indicazioni urbanistiche; gli autori, infatti, sono tecnici, non sociologi o economisti.
Manca la relazione spaziale, sociale, economica e funzionale con il contesto territoriale; è un piano incentrato solo sulla dimensione comunale, e sì che, in mille modi e da molti autori, L’Aquila è stata identificata come “città territorio”. Al di fuori del contesto cittadino c’è un deserto.
Non è un piano urbanistico perché, pur essendo accompagnato da sei progetti urbani, non ha questo scopo, né potrebbe averlo. Sembra quasi che l’amministrazione voglia, non essendo riuscita a far le varianti al PRG, forzare la mano in senso pianificatorio.
Il lunghissimo cappello parolaio, ha lo scopo di far emergere la polpa che, per l’amministrazione, si trova in coda: i sei progetti urbanistici pubblico-privati. Il resto un polpettone riempitivo costruito con le stesse logiche con le quali sono stati elaborati i Piani delle Comunità Montane: tante belle riflessioni su obiettivi e poi…cemento, visto anche che gli autori, come sempre, sono tecnici. Un dejà vu.
Tra le tante osservazioni che si possono fare mi limito a quelle che riguardano il turismo.
Obiettivi scollegati e progetti fantasiosi come lo Ski-dome. Una infrastruttura non sostenibile dal punto di vista economico, dato l’elevato costo d’impianto (32 milioni di euri) e, soprattutto di gestione. Anche dal punto di vista ambientale la proposta si presenta insostenibile sia per l’enorme quantità di acqua che richiede, sia per l’impatto visivo sul Gran Sasso. L’impianto previsto in prossimità dell’uscita di Assergi, finirebbe per allontanare il turismo dall’Aquila e favorire, dal punto di vista economico, soltanto il gestore, non il territorio. Il P.S. prevede, tra le altre, l’azione 3 “Turismi e culture”, che punta molto sul ruolo del Centro Turistico del Gran Sasso. Se questo Ente fosse in piena salute, avesse un presidente, che pur essendo stato dimissionato si rifiuta di lasciare la carica, e gestito in modo efficiente il suo ruolo sarebbe centrale. La storia antica e recente è costellata di una cattiva gestione, di una girandola di presidenti – espressione di partito- incapaci, di indebitamenti ogni anno crescenti ed oggi le sciovie sono ferme per una mancanza di programmazione delle revisioni dovute a mancanza di risorse finanziarie. Gli ammodernamenti sono impossibili visto il deficit di bilancio e lo stato di pre-fallimento del CTGS. Sembra quasi che questa situazione sia valuta per offrire la stazione a qualche imprenditore pirata amico, a costo zero.
Altro punto di forza previsto dal P.S. è il Piano d’Area del G.S., il quale viene considerato come un possibile volano dell’areale. Vecchio di una decina di anni e mai, neanche parzialmente, attuato, non ha mai sollecitato interessi da parte di operatori economici e di investitori. Tra i progetti di iniziativa privata si fa cenno al polo di Fonte Cerreto, area dimenticata da diversi decenni e in quasi totale abbandono. La recente nevicata ha isolato tale località con perdite economiche per il gestore del ristorante.
Se questi sono i punti di forza del Piano Strategico, il territorio non avrà mai possibilità di sviluppo e di stabilizzazione sociale.
Le altre azioni previste sono caratterizzate sia dall’assenza di riferimento a strutture capaci di organizzare grandi eventi in grado di attrarre turismo e sia dalla mancanza di una organizzazione pubblica o privata, in grado di gestire, organicamente, il cartellone culturale annuale: teatro, musica, musei ed altri eventi.
Sono accennate azioni per favorire la ricettività, la valorizzazione del fiume Vera, i percorsi di San Giuliano, la ex ferrovia che collegava la valle con Capitignano. Queste iniziative sono come sospese perché mancano di collegamenti funzionali e di una rete che li integri in qualche modo. Insomma una serie di bei sogni che, visto il grado di superficialità e di astrazione con i quali sono assemblati, fanno capire che, al di là della loro elencazione non hanno nessun grado di fattibilità.
Unici punti di attrattività turistica sono quelli già operanti: la città con le sue ferite, il campo da golf, il teatro, le associazioni musicali.
Poca cosa se paragonati alle decine di progetti buttati lì a riempire il contenitore P.S., senza nessun grado di fattibilità, anzi, contraddittori rispetto allo stato attuale dei fatti. Si pensi alla ricettività alternativa individuata a Fonte Cerreto a disposizione dei campeggiatori e camperisti. Il mancato sostegno finanziario al campeggio esistente, richiesto su un progetto presentato alla Regione, ha fatto sì che questa struttura stia per chiudere.
Si parla di turismo congressuale, ma la struttura polifunzionale di Paganica, inaugurata una decina di anni or sono, mai avviata, ora ha bisogno di risorse finanziarie per il restauro e la gestione, e chissà quando ciò avverrà, nonostante le recenti promesse del Sindaco.
Dal punto di vista finanziario tutti i progetti indicati nelle schede tecniche hanno una sola fonte di finanziamento la L. 77/2009.
Se, come affermato più volte dal Sindaco e da altri soggetti, il turismo dovrà giocare un ruolo importante di sostegno all’economia locale, questo Piano è acqua calda e conferma come la politica sia incapace di elaborare progetti efficaci, seri e realizzabili. A livello locale e nazionale siamo alla frutta, a causa di amministratori incompetenti e parolai.
Quello che ci è stato presentato è un piano sia incapace di progettare un futuro, sia di gettare le basi per lo sviluppo del territorio.
Poiché accanto alle critiche occorre fare proposte, mi riservo di presentare a breve un’idea progettuale sul turismo, che indica nella rete territoriale il metodo perchè gli elementi presi in considerazione come punti di forza, facciano massa critica al fine di incrementare la residenzialità dei turisti.