di Antonio Porto – Nella solitaria piazza di Colle Maggio in questi giorni sono risuonate, da più parti, le parole perdonanza.
Uno slogan per emulare lo spirito di Celestino, senza averne la coscienza, né sentirne il significato profondo, ma solo perché la scena ed il teatrino lo richiede.
Dentro e di fronte alla basilica, le ferite profonde della città e dei cittadini, coscienti, quest’ultimi, di una realtà che, a tre anni dalla tragedia umana e urbana, è rimasta alle tre e trentadue del 2009.
Ma magari fosse così, dopo quei tragici primi giorni c’era almeno la rabbia, la disperazione, la perdita, la tragedia negli animi degli aquilani.
Ora c’è solo la rassegnazione all’ineluttabile stasi in cui versa città e cittadini.
Si accetta la realtà perché con queste forze in campo, con la crisi economica, ognuno è cosciente che la “barca” non va e non andrà.
Lamentazioni ripetute dei cittadini, scarica barile degli amministratori, sono il refrain che si sente nella città orfana della vita e imbevuta di alibi rassicuranti.
I giovani si impadroniscono della centro sul far della notte, quasi a rianimarla ad assisterla, a farla rivivere, nonostante le tenebre la avvolgano, superate la strada principale.
Scarsa la presenza di over quaranta, raramente, a meno che non vi sia una manifestazione con riprese televisive, incontri un “politico”.
Tre anni di coma, con qualche boccata di ossigeno, che non ridesta né la città, né lo spirito di cittadinanza.
Nonostante il caldo quando cammini lungo strade ormai costellate di macerie ti avavolge, pungente e vivo l’acre odore di muffe, di stantio, di muri sgretolati, di ambienti velocemente lasciati al degrado.
Per noi talmente pervasiva era l’importanza del cuore della città, dei suoi monumenti, della vita che scorreva lungo le sue arterie, che neanche il ritorno nelle abitazioni A e B, riesce a consolarci e a darci speranza.
Questa catarsi negativa si genera dalla consapevolezza ci è negata l’esaltante avventura vitale, la straordinaria ed unica esperienza nella vita per ognuno di noi : la partecipazione alla ricostruzione. No questo evento, con risvolti civici e interiori, non ci può essere ancora demolito, sarebbe un terremoto dal quale potremmo non risollevarci.
No, né io né noi possiamo e dobbiamo pedonarlo, né ora né mai, perché è un monito, sia per attivarci adesso, sia che sarà valido per le generazioni future!