Il Giorno della memoria, e il card. Confalonieri, in difesa degli ebrei in fuga dalla Città di Roma

di don Daniele Pinton | 27 Gennaio 2022 @ 18:17 | CREDERE OGGI
giorno della memoria
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L’Aquila. Mentre si celebra oggi, il Giorno della memoria, ricordando il dato storico della ricorrenza, che ci porta al 27 gennaio 1945, quando fu liberato il campo di Auschwitz, la nostra Chiesa locale, ha l’opportunità di soffermarsi anche, sull’impegno avuto dall’allora arcivescovo di L’Aquila, il card. Carlo Confalonieri, come anche di molti sacerdoti aquilani, nella difesa degli ebrei in fuga dalla Città di Roma.

Il giorno della Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché tutte le vittime di un progetto di sterminio’, trovano nei ‘diari di storia’, del nostro territorio, il coraggio del reagire contro i meccanismi di morte, per dare speranza di vita a chi quella vita se l’era vista strappare.

Trasferire in segreto all’Aquila tutti gli ebrei sfuggiti alla retata del ghetto di Roma e tutti coloro che sono nei monasteri o nei conventi del reatino’. Questo fu l’ordine perentorio ed accorato che il 16 ottobre del 1943, l’arcivescovo Carlo Confalonieri diede ad alcuni parroci e  guardiani (quelli fidatissimi) dei conventi di Cittaducale, Castel S. Angelo, Borgo Velino e Antrodoco, facenti parte allora dell’ Arcidiocesi aquilana. L’ordine, affidato a corrieri in bicicletta, partì immediatamente dopo che allo stesso fu recapitata una nota con cui la libraia di Corso Umberto, Amalia Agnelli, lo informava “di aver ricevuto con molta urgenza, 36 copie delle poesie del Pascoli, inviate ad alcuni studenti dei gesuiti e ai novizi dei francescani”. Che si trattasse di Ebrei e non di libri di poesie lo si evince dalla dicitura apposta sulla nota di pugno di Confalonieri: assistenza agli Ebrei. Quegli “ebrei-libri”, secondo le direttive dell’Arcivescovo Confalonieri, erano stati “smistati” da Amalia Agnelli, in parte nei conventi di Santa Chiara e di S. Giuliano e in parte nel collegio dei Padri Gesuiti di piazza Santa Margherita. L’urgenza fu dovuta ai riferimenti di alcuni “ebrei-libri” circa il rastrellamento dei Tedeschi nei luoghi di culto del Reatino, attuato dalle SS subito dopo la retata di Roma. Infatti, il 16 ottobre precedente, la Gestapo e le SS, entrate in forze nel ghetto romano, prelevarono i circa mille Ebrei che vi abitavano per deportarli ad Auschwitz. Se ne salvarono solo 17.

La Libreria di Amalia Agnelli era allora il “punto di approdo” per la salvezza dei prigionieri inglesi, diretti oltre il fronte del Sangro per ricongiungersi ai propri reparti, per gli antifascisti ricercati e per oltre duecento Ebrei, provenienti in massima parte da Roma, nonché per i moltissimi al confino (disposto dal Fascismo) disseminati in vari comuni dell’Aquilano, come Leone e Natalia Ginzburg che risiedevano a Pizzoli.

Sulle strategie messe in campo da Amalia Agnelli e dall’arcivescovo Confalonieri, come ben descritto nell’articolo pubblicato negli atti del convegno su Carlo Confalonieri, del compianto giornalista e scrittore aquilano, Amedeo Esposito, “Il cardinale Carlo Confalonieri (1943-1944), resta traccia nei quattro “bigliettini” rintracciati nella documentazione Confalonieri in cui si parla in modo “criptico” di “pennini e libri di poesie,  due dei quali inservibili con segno di croce accanto” recapitati in libreria, di “date e indicazioni con indicazioni singolari “con molta urgenza e a mezzo corriere”.

A Carlo Confalonieri, arcivescovo che godette di certo della fiducia dell’organizzazione ebraica italiana, si deve ascrivere, allora, la salvezza di almeno 300 Ebrei e di tanti condannati a morte o potenziali deportati nonché prigionieri dei Tedeschi a vario titolo. Confalonieri si prodigò per i profughi nascosti in città, facendo pervenire loro aiuti sempre di nascosto e in assoluto segreto, con il supporto di cattolici, come Amalia Agnelli, ma anche da comunisti, da monarchici, e da religiosi della Chiesa locale.

L’impegno di allora, ci chiama oggi a non dimenticare ciò che è accaduto, e di adoperarci come chi ci ha preceduto nel bene, ad un impegno che porti al rispetto delle diversità e alla comprensione della ricchezza che può essere trasmessa ai giovani di oggi.

Infatti, come ricordato da Mons. Stefano Russo, Segretario Generale della CEI, durante la presentazione del Comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente, attraverso una Dichiarazione firmata con il Cardinale Presidente in occasione del Giorno della Memoria,

questo giorno non vuole essere una semplice ricorrenza che si ripete di anno in anno, ma è anche e soprattutto un impegno per il futuro. Perché ciò che è avvenuto, non avvenga mai più. La memoria, infatti, è profondamente legata con il presente e con il futuro. Per questo è importante legarla con il racconto, soprattutto per i più giovani: ignorare una tragedia così grande per l’umanità porta all’indifferenza e al proliferare di quella cultura dello scarto, più volte denunciata da Papa Francesco. L’appello della Chiesa che è in Italia è che il Giorno della memoria sia monito per una cultura di pace, di rispetto e di fratellanza.


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