Il card. Petrocchi incontra i giornalisti per la festa di S. Francesco di Sales
"Comunicare incontrando le persone come e dove sono”
di don Daniele Pinton | 28 Gennaio 2021 @ 06:38 | ATTUALITA'
L’AQUILA – Il card. Giuseppe Petrocchi, Arcivescovo di L’Aquila e Presidente della Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana (CEAM), per la festa di S. Francesco di Sales, che quest’anno è caduta di domenica, ha incontrato i giornalisti ieri mercoledì prossimo 27 gennaio alle ore 10,00, con un incontro che si è tenuto in presenza e nel rispetto delle norme anti-pandemia, nell’Aula Magna dell’Istituto di Scienze Religiose “Fides et Ratio”, sul tema proposto da Papa Francesco per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali “Vieni e vedi”. Comunicare incontrando le persone come e dove sono”.
All’incontro, coordinato da Don Claudio Tracanna, Direttore dell’Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali, hanno partecipato il presidente dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, Dott. Stefano Pallotta, Sua Eminenza il Cardinale Giuseppe Petrocchi e una rappresentanza di giornalisti delle testate cartacee e on-line presenti nella Regione Abruzzo.
L’incontro ha avuto inizio con una riflessione del Dott. Pallotta, che ricollegandosi al messaggio della CEAM, inviato nei giorni scorsi, in occasione della festa di San Francesco di Sales, a firma di Mons. Claudio Palumbo, Delegato CEAM per le Comunicazioni Sociali, ha ricordato come questo messaggio sia in piena comunione con il pensiero di papa Francesco nell’esortare gli operatori delle comunicazioni sociali, di essere portatori di speranza e di verità.
Il Dott. Pallotta, nella sua riflessione ha sottolineato inoltre, come i giornalisti stanno capendo che con la rivoluzione digitale, molti spazi si sono aperti con la presenza e attenzione anche del clero, grazie a un comune interesse per la comunicazione. Dare voce oggi, passa proprio dalla rivoluzione digitale, alla quale i giornalisti devono ormai tenerne conto, perché sono sorgenti informative che partono dalla base, ma che necessitano di filtri culturali, attraverso i quali fondare riflessioni e discussioni che vanno trasmesse nella verità
Di fronte a una crisi spaventosa, nella quale gli editori, non danno più spazio all’informazione vera e propria, i giornalisti devono aumentare le proprie sensibilità, cercando una capacità di senso ai fatti, con un confronto critico che può passare anche dal mondo ecclesiastico, che ha sempre portato istanze che provengono da un dibattito che tende a salvaguardare gli ultimi, i disagiati e tutte le dinamiche inclusive, poco comprese dalla società odierna.
Partendo dall’assioma di Papa Francesco di ‘consumare le scarpe per verificare seriamente le notizie, e sull’importanza dell’informazioni nella verità, come ben sottolineato dalla CEAM, il dott. Pallotta, conclude la sua riflessione rivolgendo un appello alla Chiesa e al card. Petrocchi nel suo ruolo di Presidente della CEAM, invitando ha tenere conto delle difficoltà strutturali in cui versa il mondo giornalistico, chiedendo un impegno sostenere i giornalisti nella crisi attuale, perché spesso gli editori non li mettono nella possibilità di fare il proprio dovere.
Prosegue il momento di formazione con l’intervento del Card. Giuseppe Petrocchi, il quale entra in pieno ad analizzare il messaggio del Santo Padre e poi si sofferma su alcune problematiche causate dalla pandemia. Innanzitutto, accogliendo l’appello del Presidente dell’Ordine, sulle problematiche inerenti la crisi dell’editoria, ricordando proprio le parole di papa Francesco che ha anche sottolineato come, “la crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più ‘consumare le suole delle scarpe’, senza incontrare persone per cercare storie o verificare ‘de visu’ certe situazioni”.
L’intervento del Cardinale Petrocchi, prosegue nell’introdurre il messaggio di papa Francesco, per la 55ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali che quest’anno si celebra, in molti Paesi, il 16 maggio, Solennità dell’Ascensione del Signore. Nel documento, il Santo Padre invita a “venire e vedere” come “suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale”.
E il Cardinale Arcivescovo, si sofferma sul contatto con l’altro, per lasciare a lui spazio e permettere che si manifesti come lui è, rimarcando come il raggiungere l’altro, significhi creare dentro di se quelle dimensioni di accoglienza che permettono all’altro di essere accolto nel proprio cuore.
Il card. Petrocchi ricorda come sia necessario monitorare noi stessi, quando ci troviamo di fronte a un ‘tu’ che non è estraneo da noi, per creare le condizioni del dialogo. E’ importante verificare costantemente le categorie interpretative attraverso a cui noi leggiamo chi ci sta davanti, collegandosi al papa che sottolinea la necessità di uscire dal già saputo, per andare e stare con le persone. L’altro è uno che conta per me e quindi ha diritto di essere al centro di una attenzione vigile e concreta, cercando di evitare di operare indebite riduzioni, che portano a costrizioni delle persone.
Il Cardinale prosegue la sua riflessione, sulla situazione attuale della pandemia. Facendo proprio l’invito del Papa ai media di segnalare con forza il rischio di esclusione dei poveri dal vaccino anti Covid e dalle cure, sottolinea come, per uscire da questa calamità sanitaria, non bastano solo misure di tipo farmacologico. I vaccini vanno adottati e distribuiti a tutti, ma la lotta alla pandemia che passa dalla materia medico-clinica, non ha risvolti solo di quel tipo, infatti basta solo pensare quelle che sono le problematiche sociali, relazionali, economiche e affettive. Riprendendo i concetti già da lui esposti sul terremoto dell’anima, ricorda come da quell’esperienza, gli aquilani possono dare risposte alla pandemia, utili per tutti. Non possiamo mobilitare la scienza, la politica e l’economia per i vaccini, ma la risposta è anche a livello culturale.
E’ necessario riscoprire quelli che sono i valori comuni. A volte appare una certa allergia alla regola che pone delle restrizioni, letta come una sorta di attentato alla propria libertà. Se non maturiamo di più e meglio una cultura dell’incontro, dalla pandemia non usciremo così presto e nel bene.
L’esito di una scelta fatta bene, in modo lungimirante, in cui è necessario fare una distinzione, tra abitante e cittadino. L’abitante è colui che risponde a se, perché pur abitando in un luogo, no si sente parte di quel luogo. Una città che ha solo abitanti, sarebbe un agglomerato, non sarebbe una società sociale. Il cittadino, invece è colui che ha consapevolezza della interconnessione, sa di essere legato agli altri, comprendendo che il bene di ciascuno è il bene di tutti. Comportarsi come cittadini significa che le regole sono importanti e che le regole sono percorsi da seguire. Non dobbiamo essere solo abitanti, ma cittadini che attivamente si muovono nella direzione di una crescita che ha come raggio d’azione la totalità degli altri. Come aquilani, sulla tematica della pandemia, possiamo dire qualcosa che non è soltanto frutto di una dimensione locale.
Il cardinale, qualche tempo fa, ha creato l’Ufficio Diocesano per la pastorale delle emergenze, e partendo dall’esperienza del terremoto, ha attivato varie iniziative all’interno di quell’Ufficio pastorale per muoversi anche in questa situazione emergenziale, cercando di comprendere quali dinamiche da adottare e quali le urgenze da percepire, oltre ai soccorsi da offrire.
L’esperienza vissuta del sisma, può essere per i giornalisti una dimensione e una opportunità utile per comprendere ed esplorare di questo labirinto dettato dalla pandemia. Uno dei problemi gravissimi, frutto della pandemia, è la solitudine e le persone con problematiche depressive, vengono oggi identificate anche in persone di soli tredici anni. Noi siamo costruiti per vivere con gli altri, per gli altri. Un mondo che ci vede riversati su noi stessi, indica problemi seri.
La pandemia richiede una crescita di cultura etica e sociale e chiede di convergere alla dinamica di aiuto a tutti e a ciascuno, per il quale i giornalisti non hanno solo il compito di trasmettere i dati statistici o le relazioni medico-sociali, ma nel sostenere attraverso l’informazione, le dinamiche spirituali e sociali, perché alla fine della Pandemia, molte categorie saranno violentemente colpite, è necessario sostenerle e supportarle. Infatti, la pandemia non solo ha messo in evidenza i rischi di autoreferenzialità, ma anche eroismi da parte di soggetti facenti parte di istituzioni, che non si riesce neppure a conteggiare e che manifestano nell’uomo il riflesso dell’amore di Dio.
Il Cardinale conclude la sua riflessione ricordando la parola ‘vicinanza’ usata da papa Francesco, in questo clima di pandemia che sembra avere chiuso realtà belle, ma che invece ha chiamato la Chiesa a fare molte iniziative per farsi sentire prossimi a coloro che vivono la solitudine e la malattia. I preti sono illustri ministri della prossimità. Sono state trovate forme di coinvolgimento dei familiari e delle parrocchie per fare questo. Perché, pandemia, significa attestare a coloro che soffrono, che noi come Chiesa possiamo condividere e partecipare con loro a questo momento difficile.